Gai-Jin (11 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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“Ma sta bene?”

“Si, piuttosto bene, direi” ripeté con pazienza.

“Venite, venite a vedere voi stessa.”

La stava conducendo attraverso il cortile quando un rumore di zoccoli e finimenti li fermò.

Restarono a guardare sorpresi la pattuglia di dragoni. “Buon Dio, ma è Pallidar” esclamò Marlowe.

“Che cosa sta facendo qua?” L'ufficiale rispose al saluto di marinai e granatieri e smontò da cavallo.

Non aveva ancora notato Marlowe, tantomeno Babcott e Angélique. “Quei maledetti bastardi hanno cercato di sbarrarci la loro fottutissima strada, per Dio!” esordì.

“Fortunatamente i figli di puttana hanno cambiato la loro stupida stramaledetta idea altrimenti adesso sarebbero concime per le margherite e...”

Vide Angélique e ammutolì restando a bocca aperta.

“Gesù Cristo! Oh, dico, io... Mi dispiace moltissimo, mademoiselle... ehm ... non mi ero reso conto che ci fossero delle signore... ehm, salve John ... Dottore.”

Fu Marlowe a rispondere.

“Salve Settry. Mademoiselle Angélique, vorrei presentarvi il volgare capitano dell'Ottavo Dragoni di Sua Maestà Settry Pallidar. Capitano, questa è la signorina Angélique Richaud.”

Lei annuì freddamente e Pallidar s'inchinò con rigidità.

“Sono... ehm... sono terribilmente dispiaciuto mademoiselle. Dottore, sono stato mandato qui a proteggere la Legazione in caso di evacuazione.”

“L'ammiraglio ha già inviato noi allo stesso scopo” ribatté Marlowe irritato.

“La marina.”

“Puoi rimandarli indietro adesso che siamo arrivati.”

“Vai... suggerisco che tu chieda nuovi ordini. Domani. Nel frattempo siccome sono l'ufficiale superiore prendo il comando. Dottore, se volete condurre la signora dal signor Struan ...”

Babcott aveva osservato i due giovanotti misurarsi come due galli pronti a combattere.

Si comportavano tra loro in modo amichevole ma dietro si nascondeva un'inimicizia mortale.

Questi due giovani tori un giorno o l'altro si prenderanno a cornate, e Dio non voglia che l'oggetto della contesa sia una donna.

“A più tardi.” Si allontanò prendendo sottobraccio Angélique.

I due giovani li guardarono per qualche istante, poi Pallidar serrò la mascella. “Questa non è la coperta di una nave” sibilò, “è un lavoro per l'esercito, per Dio!”

“Balle.”

“Tu non hai né l'esperienza né il cervello necessari. Perché diavolo hai portato qui una donna quando Dio solo sa cosa succederà?”

“Perché il signor Struan è un uomo influente e ha chiesto di vederla, e perchè il dottore ritiene che la ragazza possa essere una buona medicina, e inoltre lei ha convinto l'ammiraglio, beninteso contro il mio parere, a darle il permesso di partire subito.

E lui mi ha ordinato di scortarla qui e riportarla indietro sana e salva. Sergente Towery!”

“Sissignore!”

“Prendo il comando della situazione fino a nuovo ordine... mostra gli alloggi ai dragoni e offrì la nostra ospitalità. Puoi occuparti dei cavalli? C'è spazio per tutti?”

“Sissignore, lo spazio abbonda. E' il rancio che lascia a desiderare.”

“E' mai stato decente in questo buco dimenticato da Dio?”

Marlowe gli fece cenno di avvicinarsi. “Passa parola” disse in tono minaccioso.

“Niente risse, e se ne scoppia una ogni bastardo coinvolto si becca cento frustate... di chiunque si tratti!”

Il bar del circolo di Yokohama, la sala più grande dell'Insediamento e quindi luogo deputato alle riunioni, era in pieno tumulto.

L'affollava la popolazione dell'Insediamento al gran completo, fatta eccezione per quelli così ubriachi da non potersi reggere in piedi e i malati gravi, e vi risuonava una vera e propria babele di lingue.

Molti dei presenti erano armati, alcuni agitavano il pugno coprendo di insulti un gruppetto di uomini ben vestiti i quali, seduti al tavolo sulla pedana sopraelevata all'estremità della sala, gridavano a loro volta. L'ammiraglio e il generale, alle spalle del gruppo, sembravano sul punto di avere un colpo apoplettico.

“Dillo ancora, e per Dio ci vediamo fuori...”

“All'inferno ci vai tu, bastardo...”

“E' la guerra, Wullem deve...”

“Deve tirare fuori l'esercito e la marina e bombardare Edo...”

“Radere al suolo quella capitale di m...”

“Canterbury dev'essere vendicato, Wullum deve ...”

“Giusto, Willum è responsabile, John era mio amico...”

“State tutti a sentire ...”

Uno degli uomini seduti cominciò a battere il martelletto sul tavolo per chiedere silenzio, ma ottenne soltanto l'effetto di aizzare la folla: mercanti, affaristi, albergatori, giocatori d'azzardo, allevatori di cavalli, macellai, fantini, marinai, usurai e tutta la feccia del porto.

Cappelli a cilindro, panciotti colorati, vestiti di lana e biancheria a vista, stivali di pelle, ricchi e poveri.

L'aria era calda, stantia, fumosa e pesante dell'odore di corpi non lavati, di birra vecchia, whisky, gin, rum e vino rovesciato.

“Zitti, per l'amor di Dio, lasciate parlare Wullum...”

L'uomo con il martelletto gridò: “Mi chiamo William, William... non Wullum o Willum o Willam! William Aylesbury, quante volte devo dirvelo? William!”

“Giusto, lasciate parlare Willum, per l'amor di Dio!”

Sir William Aylesbury, l'uomo con il martelletto sospirò.

Era il ministro inglese in Giappone, nonché il membro più anziano del corpo diplomatico.

Gli altri uomini presenti rappresentavano la Francia, la Russia, la Prussia e l'America.

Perse la calma e fece un cenno a un giovane ufficiale in piedi dietro a un tavolo.

Senza tergiversare, perchè evidentemente l'avevano già concertato, l'ufficiale estrasse un revolver e sparò un colpo in aria.

Nel silenzio che seguì si sentì l'intonaco cadere dal soffitto.

“Grazie. E ora” cominciò Sir William in tono sarcastico, “se questi gentiluomini staranno tranquilli per un attimo potremo procedere.”

Era un uomo alto e robusto di circa cinquant'anni con un volto allungato e grandi orecchie a sventola.

“Vi ripeto che siccome tutti voi subirete le conseguenze di quello che i miei colleghi e io stiamo per decidere, desideriamo discutere in pubblico le modalità di risposta all'incidente. Ma se voi non volete ascoltare un'opinione ragionevole, noi affronteremo la discussione in privato, e una volta deciso quello che succederà, verremo gentilmente a informarvene.”

Il discorsetto fu accolto da qualche borbottio risentito ma non ci fu alcun segno di aperta ostilità.

“Bene. Cosa stavate dicendo, signor McFay?”

Jamie McFay si trovava in una delle prime file accanto a Dmitri, perchè in quanto capo della Struan, la più grande impresa commerciale dell'Asia, era il portavoce di quella categoria di mercanti i cui maggiori esponenti disponevano di flotte private costituite da velieri e legni mercantili. “Ecco... sappiamo che gli uomini di Satsuma pernottano a Hodogaya, pochi chilometri a settentrione, insieme al loro re” spiegò.

“Si chiama Sajirro, o qualcosa del genere, e ritengo che noi dovremmo...” Qualcuno gridò: “Propongo di circondare quei bastardi questa notte stessa e di catturarli tutti!”

Scrosciò un applauso che andò esaurendosi tra qualche imprecazione soffocata e qualche: “Per l'amor di Dio, andiamo avanti...”.

“Vi prego di procedere, signor McFay” esclamò debolmente sir William.

“Come negli altri casi l'attacco non è stato provocato; John Canterbury è stato vilmente massacrato e Dio solo sa quando Malcolm Struan potrà tornare a una vita normale.

Tuttavia questa è la prima volta che ci si presenta l'opportunità di identificare gli assassini, o perlomeno di farli identificare dal loro re che certamente dispone anche del potere di catturarli e consegnarceli, nonché di pagare i danni...”

Altri applausi.

“Si trovano poco lontano da qui, e con le truppe di cui disponiamo non dovrebbe essere difficile circondarli.”

Grida di giubilo e richieste di vendetta.

Henri Bonaparte Seratard, il ministro francese in Giappone, disse ad alta voce: “Potrei conoscere l'opinione di monsieur il generale e monsieur l'ammiraglio?”.

La risposta dell'ammiraglio non si fece attendere: “Io dispongo di cinquecento marinai ...”.

In tono cortese ma fermo il generale Thomas Ogilvy lo interruppe: “La faccenda richiede un'operazione terrestre, mio caro ammiraglio. Signor Ceraturd...”.

Il generale, un uomo di cinquant'anni dal volto paonazzo e i capelli grigi, storpiò il nome del francese di proposito e utilizzò il “signor” per sottolineare lo sgarbo, “noi disponiamo d'un migliaio di soldati britannici, di due unità di cavalleria, di tre batterie di cannoni e artiglieria varia della più moderna e possiamo convocare altri otto o novemila fanti britannici e indiani di sostegno nel giro di due mesi facendoli arrivare dal nostro bastione di Hong Kong”.

Giocherellò con una delle sue mostrine dorate.

“Non sussiste alcun possibile ostacolo che le forze di Sua Maestà al mio comando non possano superare senza indugi.”

“Ne convengo” ribatté l'ammiraglio fra l'approvazione generale.

Quando le voci e gli applausi tacquero, Seratard chiese in un sussurro: “State sostenendo una dichiarazione di guerra?”.

“Niente del genere, signore” rispose il generale contraccambiando tutta la disapprovazione che il francese aveva per lui.

“Ritengo soltanto che possiamo fare ciò che è necessario, quando è necessario e se è necessario. A mio parere questo “incidente” è un problema che dovrebbe essere dibattuto e risolto dai rappresentanti di Sua Maestà britannica insieme all'ammiraglio e a me, con discrezione e lontani da questo sconveniente dibattito pubblico.”

Qualcuno lanciò grida di approvazione, qualcuno protestò e qualcun altro non si trattenne dal dire: “Sono il nostro argento e le nostre tasse che vi mantengono tutti quanti, fannulloni; abbiamo anche noi il diritto di dire quello che pensiamo. Mai sentito nominare il Parlamento, per Dio?”.

“Una suddita francese è stata coinvolta” precisò Seratard con impeto sovrastando il baccano, “perciò l'onore della Francia è in gioco.” Seguirono fischi e lazzi sul conto della ragazza.

Sir William ricorse un'altra volta al martelletto dando l'opportunità al ministro americano, Isiah Adamson, di commentare freddamente: “L'idea di entrare in guerra per l'incidente in questione è priva di senso, e l'ipotesi di circondare e attaccare un re nel suo stato sovrano è una totale pazzia nonché un tipico esempio di imperialismo arrogante e guerrafondaio! La prima cosa da fare è informare la Bakufu e chiedere dunque a loro di ...”.

Sir William lo interruppe irritato.

“Il dottor Babcott li ha già informati a Kanagawa, loro hanno già negato qualsiasi conoscenza dell'incidente ed è molto probabile che in futuro continueranno a mantenere lo stesso atteggiamento.

Un suddito britannico è stato brutalmente assassinato, un altro gravemente ferito, la nostra deliziosa e giovane ospite straniera spaventata a morte e tutte queste gesta, devo sottolineare come già ha fatto il signor McFay con tanto giusto puntiglio, sono state commesse per la prima volta da criminali identificabili. Il governo di Sua Maestà non lascerà tale offesa impunita...”

Per un istante fu zittito dalle grida tumultuose di consenso, poi riuscì ad aggiungere: “L'unica cosa da decidere qui è la severità della punizione, il modo in cui procedere e quando procedere. Signor Adamson, cosa ne pensate?”.

“Poiché il mio paese non è coinvolto non ho richieste formali da avanzare” rispose l'americano.

“Conte Zergeyev?”

“Il mio parere formale” rispose il russo, è di precipitarsi su Hodogaya, raderla al suolo e fare a pezzi tutti i satsuma.”

Il conte Zergeyev era un giovane uomo di trent'anni, forte, aristocratico e barbuto, capo della missione giapponese dello Zar Alessandro II.

“Forza, impatto, ferocia e immediatezza sono le uniche qualità diplomatiche che i giapponesi possono capire. La mia nave sarà onorata di guidare l'attacco.”

Seguì uno strano silenzio. Ero sicuro della tua risposta, pensò sir William. E non sono così sicuro che tu abbia torto. Ah Russia, splendida straordinaria Russia, quanto mi addolora la nostra inimicizia!

Mai mi sono tanto divertito come a San Pietroburgo!

Comunque non vi espanderete in queste acque, abbiamo fermato la vostra invasione delle isole Tsushima l'anno scorso e quest'anno vi impediremo di rubare Sakhalin.

“Vi ringrazio, mio caro conte. Herr von Heimrich?”

Il prussiano era più anziano del russo, e meno aitante.

“Non ho opinioni personali sull'argomento Herr Console generale, ma ritengo di poter dichiarare ufficialmente che il mio governo considera questa questione di vostra esclusiva competenza e di nessun interesse per le altre parti coinvolte.”

Seratard arrossì. “Non ritengo che ...”

“Signori, vi ringrazio per avermi fornito le vostre opinioni” disse Sir William ponendo fine a un'ostilità che si sarebbe potuta trasformare in una rissa.

I dispacci inviati dal Foreign Office di Londra erano arrivati il giorno prima con la notizia che la Gran Bretagna era sul punto di essere coinvolta in un'altra interminabile guerra in Europa.

Questa volta i due fronti opposti vedevano schierati la belligerante e orgogliosa Francia contro la belligerante, orgogliosa ed espansionista Prussia.

E la Gran Bretagna ancora non sapeva da quale parte si sarebbe schierata. Io sia dannato se capisco perchè mai questi maledetti stranieri non sono capaci di comportarsi con un pò di civiltà.

“Poiché sono presenti qui tutte le persone degne di nota, opportunità che si verifica oggi per la prima volta, prima di arrivare alla decisione credo sia necessario articolare i termini del problema: noi siamo vincolati da trattati stipulati legalmente con il Giappone; siamo qui per commerciare, non per conquistare dei territori; dobbiamo trattare con i loro burocrati, gli uomini della Bakufu, che non sono altro che spugne che un giorno si gonfiano fingendo onnipotenza e il giorno dopo sono del tutto inermi nei confronti del re; non siamo mai riusciti a raggiungere il vero potere, il tai-pan, o shògun, come lo chiamano qui, non sappiamo nemmeno se una simile persona esista veramente.”

“Deve esistere” ribatté von Heimrich, “perchè il nostro illustre compatriota, il viaggiatore e medico dottor Engelbert Kaempfer che abitò a Deshima dal 1690 al 1693 fingendosi olandese, scrisse d'averlo incontrato a Edo in occasione del pellegrinaggio annuale.”

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