Gai-Jin (167 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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Se non esiste un testamento allora la signora eredita tutto, detratte le spese legali e le tasse. Guardiamo nella cassaforte”.

“Non credo che si possa...”

“Allora, o lo facciamo senza storie tra noi, da buoni amici, oppure ottengo oggi stesso attraverso sir William un ordine formale di sequestro per tutte le sue carte nonché tutti i documenti della Struan a Yokohama e a Hong Kong per una ricerca del testamento alla quale la mia cliente ha diritto.” Il suo sguardo era inflessibile. “Mi dispiace, vecchio mio. Allora, cosa decidete?”

“Andiamo a chiederlo ad Angélique.” Incerto sul da farsi ma consapevole di non poter per nessun motivo permettere a un estraneo di frugare tra i documenti e i registri della Nobil Casa, Jamie segui Skye nell'ufficio del tai-pan.

Maledizione, perchè lo considero ancora il suo ufficio? pensò con irritazione. Comunque resta l'ufficio del tai-pan, ma chi sarà il nuovo tai-pan? Accidenti che confusione!

Angélique sedeva dove l'avevano lasciata. Impassibile, ascoltò il discorso di Skye. “Non c'è bisogno che ci accompagniate, signora Struan, potete contare sul fatto che io agisco a nome vostro.”

“Vi ringrazio ma preferirei essere presente.” La seguirono lungo lo scalone, e Skye, che entrava per la prima volta in quella zona del palazzo, cercò di non sembrare troppo impressionato dai magnifici lampadari e dai quadri preziosi.

Jamie aprì la porta dell'appartamento del tai-pan: il fuoco ardeva nel camino, il letto era pronto.

La scrivania era ordinata.

Rannicchiata in un angolo della stanza Ah Tok gemeva disperata, minuscola, brutta e antica. Non prestò alcuna attenzione ai nuovi arrivati.

Angélique rabbrividì, poi decise di seguire i due uomini e sedette nell'alta sedia di Malcolm per non perdere di vista i loro movimenti.

La piccola cassaforte di ferro era nascosta dietro un olio di Aristotle Quance. Skye sorrise. Il dipinto ritraeva una ragazza cinese che teneva in braccio un bambino con la pelle chiara e i capelli biondi legati a coda di cavallo sullo sfondo di un paesaggio di Hong Kong. Aveva sentito parlare di quel dipinto ma lo vedeva per la prima volta.

Quance era il decano dei pittori realisti di Macao e cronista dei primi anni di Hong Kong, un irlandese che aveva vissuto in quella parte dell'Asia gran parte della sua vita ed era morto pochi anni prima a Macao, dov'era stato sepolto.

Era anche un forte bevitore, giocatore e libertino, vecchio amico e fedele ammiratore di Dirk Struan. Si diceva che la ragazza del dipinto fosse la famosa May-may, l'amante cinese di Dirk, morta insieme a lui nel tifone del '42, e che il bambino tra le sue braccia fosse il loro primogenito.

Guardò Angélique che osservava Jamie cercare tra un mazzo di chiavi e si domandò se la ragazza fosse al corrente dell'esistenza di quei cugini euroasiatici di Malcolm e dello zio, il compratore Gordon Chen, il figlio di Dirk e un'altra delle sue amanti, che secondo i pettegoli di Hong Kong: “conosceva più segreti e aveva più tael d'oro di quanti peli avesse un bue”. L'orologio sul camino battè le tre.

“Chi altri possiede le chiavi di questa cassaforte, Jamie?” chiese Skye.

“Soltanto io, io e il... Il tai-pan.”

“Le sue dove sono?”

“Non so. Ancora a... a bordo immagino.” La porta della cassaforte si aprì mostrando alcune lettere; erano tutte scritte da Tess Struan eccetto una, di Malcolm, apparentemente non finita, una piccola borsa di camoscio e un portafoglio. Il portafoglio conteneva uno sbiadito dagherrotipo che ritraeva il padre e la madre mentre fissavano l'obiettivo con aria consapevole, il sigillo personale di Malcolm, qualche nota spese, qualche pagherò e una lista di debiti e debitori; Paradiso diede una scorsa all'elenco.

“Questi potrebbero essere debiti di gioco, Jamie?”

“Non ne ho idea.”

“Duemilaquattrocentoventi ghinee. Una bella somma da prestare per un giovane. Riconoscete qualcuno dei nomi, per caso?”

“Soltanto questo.” Jamie glielo indicò.

“Madame Emma Richaud? Cinquecento ghinee.”

“E' mia zia” intervenne Angélique, “lei e lo zio Michel mi hanno cresciuta, signor Skye. La chiamavo mamma perchè mi ha fatto da madre, la mia era morta quand'ero bambina. Avevano bisogno di aiuto e Malcolm gentilmente mandò loro quel denaro. Fui io a chiedergli di farlo.”

“Jamie, vorrei una copia di questi e un elenco degli oggetti, per favore” disse l'avvocato.

“Vi chiedo di conservare tutto in cassaforte.” Allungò la mano per prendere le lettere ma Jamie fu più lesto di lui: “Direi che queste sono private”.

“Private per chi, Jamie?”

“Per lui.”

“Otterrò un ordine del tribunale per poterle esaminare e farle copiare se le riterrò importanti.”

“Potete sicuramente farlo” sibilò tra i denti Jamie imprecando contro se stesso per aver parlato dell'esistenza di quella cassaforte prima di essersi consultato con sir William.

“Posso vederle io, Jamie, per favore?” chiese Angélique. “Suppongo che possano essere considerate parte degli effetti personali di mio marito. E per il momento mi sembra di avere così poco di lui.” La sua voce era tanto gentile e triste che Jamie sospirò e si disse: ragazzo, ormai ci sei dentro fino al collo e il resto importa poco.

Toccherà a sir William decidere sulle faccende legali. Poi all'improvviso tornò col pensiero alla sera prima, sul molo, quando tutti e tre avevano riso a cuor leggero sicuri che la tempesta di Hong Kong fosse ancora lontana e lui li aveva guardati partire con la lancia incontro alla loro prima notte mentre Malcolm diceva: “Grazie, fedele amico, guardateci le spalle perchè ne abbiamo bisogno. Promesso?”.

Lui aveva promesso, aveva giurato che avrebbe protetto entrambi e augurando loro una lunga vita felice era rimasto solo sulla riva a salutarli con un cenno della mano.

Malcolm aveva avuto ragione. Poveretto, forse si era trattato di una premonizione. “Prendete” disse in tono gentile. Senza neppure guardarle, lei le appoggiò in grembo e vi ripiegò sopra le mani. Se un filo d'aria non avesse fatto muovere un ricciolo scomposto vicino alla sua tempia sarebbe sembrata una statua.

 

Il tintinnio delle monete attirò l'attenzione di Jamie. Skye aveva aperto la piccola borsa che conteneva ghinee d'oro della Banca di Inghilterra e banconote. Le contò a voce alta mentre gli occhi di Angélique non si spostavano dalla cassaforte.

“Duecentosessantatré ghinee.” Skye le ripose nel sacchetto di pelle.

“Queste dovrebbero andare subito alla signora Struan che naturalmente vi darà una ricevuta.”

“Forse sarebbe meglio” disse Jamie, “che voi e io, Paradiso, andassimo a parlare con sir William. Non sono mai stato coinvolto in questo genere di faccende prima e inoltre sono sconvolto... voi mi capite, vero, Angélique?”

“Sono sconvolta anch'io, Jamie, e smarrita. So che voi e Malcolm eravate amici e che siete anche amico mio. Me lo ha detto molte volte.

Fate come ritenete meglio.”

“Andremo a parlare con sir William subito” intervenne Skye, “perchè è meglio farlo quanto prima: è lui che può decidere sulla proprietà di questi. Intanto...” Si diresse verso di lei e le porse la piccola borsa, ma lei disse: “Portatela con voi, prendete tutto, anche queste” e gli tese le lettere. “Lasciatemi soltanto la fotografia. Grazie, signor Skye, e grazie anche a voi, caro Jamie, ci vedremo al vostro ritorno.”

I due uomini aspettarono che lei si alzasse ma Angélique non sembrava intenzionata a muoversi. “Non vorrete restare qui dentro, vero?” disse Jamie turbato. Gli sembrava una scelta macabra.

“Penso di sì. Ho trascorso tanto tempo qui, in questa stanza, che mi è... simpatica. La porta comunicante è aperta se ho bisogno di riposare in camera mia. Però vi prego di portare via Ah Tok, poveretta, e di dirle di non tornare. Povera donna, ha bisogno di aiuto. Chiedete al dottor Hoag di darle un'occhiata.”

“Volete che chiuda la porta?”

“Quale porta? Oh, non fa niente, sì, se volete chiuderla chiudetela.” Fecero come lei aveva detto e affidarono Ah Tok a Chen, anch'egli in lacrime e distrutto dal dolore, e imboccarono High Street lieti di essere finalmente all'aperto e assorti nei loro pensieri. Skye faceva progetti e valutava le sabbie mobili che li aspettavano. Jamie, incapace per il momento di fare alcun progetto, si preoccupava inspiegabilmente per la Nobil Casa.

Che cos'ha di diverso, si domandò, non rendendosi conto di dove stava camminando né del forte vento, delle onde che si frangevano contro i ciottoli sulla spiaggia o dell'odore di alghe marcescenti. La tristezza le si addice. Può essere che...

Adesso è una donna! Ecco qual è la differenza. E' una donna, non più una ragazza. E' per via della catastrofe o perchè non è più vergine... quella mistica trasformazione di cui parlano? o entrambe le cose con in più lo zampino di Dio che l'aiuta a sopravvivere?

“Che cosa succederà se è incinta?” si chiese a voce alta senza accorgersene.

“Per il suo bene spero che lo sia” gli rispose l'ometto.

 

Quando uscirono Angélique chiuse gli occhi e respirò profondamente.

Ritrovata la calma si alzò, andò a chiudere con il chiavistello la porta che si affacciava sul corridoio e aprì quella comunicante con le sue stanze.

Il letto era pronto, nel vaso sul tavolo da toeletta c'erano dei fiori freschi. Tornò nella stanza di Malcolm chiudendo anche la porta comunicante e sedette nella sua sedia.

Solo allora guardò la fotografia, la prima che vedeva dei genitori di Malcolm. Sul retro c'era scritto “17 ottobre '61”. L'anno prima. Culum Struan dimostrava molti più dei suoi quarantadue anni, Tess non sembrava né giovane né vecchia e fissava Angélique con gli occhi chiari, le labbra sottili dalla piega autoritaria.

Avrebbe compiuto trentasette anni quell'anno. Come sarò quando avrò la sua età, tra diciannove anni, più del doppio di quelli che ho oggi?

Avrò la stessa ombra dura sul volto, testimone di un matrimonio infelice e di insopportabili fardelli familiari, odiare il padre e i fratelli ed esserne odiata, cercare di rovinarli, una storia cominciata nel suo caso in modo così romantico, con una fuga e un matrimonio in mare come noi due ma, oh, mio Dio, quale differenza.

Scrutò dalla finestra verso la baia e verso le navi: un mercantile che stava salpando, capitano e ufficiali sul ponte; il postale circondato dalle lance; la lancia della Struan; la Prancing Cloud, elegante, che sembrava voler sfuggire all'ancora e alzare le vele per galoppare sul vento. Malcolm lo diceva sempre quando parlava dei suoi velieri, pensò, che potevano cavalcare il vento.

Chiuse gli occhi, si sfregò le palpebre e li riaprì. Nessun errore. Era tutto il giorno che i suoi occhi vedevano con inaspettata e sbalorditiva chiarezza.

L'aveva notato nel momento stesso in cui si era svegliata, quel mattino, quando aveva messo subito a fuoco ogni dettaglio della stanza: le tende, i fiori vizzi in un vaso, le quattro mosche che le ronzavano intorno. Nel giro di pochi secondi aveva sentito bussare un colpo alla porta, era la voce di Ah Soh: “Padrona? Uomo medicina vuole vedere, heya?”

come se il suo udito fosse ancora più acuto, il suono dei passi di Ah Soh l'aveva fatta riemergere dolcemente dal sonno.

La cosa ancora più strana era la lucidità della sua mente, tutto il peso sembrava essersene andato, ma non la tristezza, e ora poteva considerare un problema dopo l'altro senza costernazione, senza sovrapporli, né mescolarli, e trovava risposte e non provava più l'abituale paura che le faceva tremare il cuore, nemmeno un pò. Preoccupazione si, quello era ragionevole, ma non più panico nauseante e indecisione.

Adesso ricordava quel giorno e quella notte in tutti i dettagli senza per questo precipitare nella distruttiva e disumana tenebra della follia.

Sono diventata insensibile?

Per sempre insensibile?

Sarà vero quello che ha detto il dottor Hoag questa mattina: “Non preoccupatevi, siete guarita ormai. Se riuscirete a piangere di tanto in tanto e a non aver paura di ricordare il passato allora tutto andrà bene, ogni giorno un pò meglio.

Siete giovane e sana, avete la vita davanti a voi ......

Mon Dieu, quante sciocchezze dicono i dottori. E dopo Hoag, Babcott.

E altri discorsi. Era stato gentile e tenero, una tenerezza pronta a trasformarsi facilmente in passione se io lo volessi. Basta passione per me, pensò, fino a quando non sarò libera. E al sicuro. Al sicuro e libera.

Fisicamente era riposata. Niente accecante emicrania, nessun grido di dolore che saliva da dentro.

Sapeva dov'era e chi era e perchè si trovava li e perchè era sola e quello che era accaduto. Ripensandoci, guardando se stessa rivivere quell'incubo a occhi aperti, divenne perfettamente cosciente senza lasciarsene coinvolgere del tutto: rivide se stessa risvegliata dall'urlo di Chen, strappata al sonno, rivide se stessa in preda al panico che cercava di scrollare Malcolm per risvegliarlo, e poi scoprire il sangue sul suo corpo, per un istante terrorizzata di essersi tagliata troppo profondamente, e poi capire che era Malcolm che sanguinava, era il sangue di lui e lui era morto, morto, morto.

Era saltata fuori dal letto nuda senza rendersene conto, spaventata e urlante, incapace di credere quello che i suoi occhi vedevano, pregando che fosse un sogno mentre altri entravano nella cabina, Ah Soh, Ah Tok, e qualcuno la copriva mentre voci e grida e domande e altre domande, fino a quando la cabina divenne una massa informe di nero terrore. Poi sul ponte, infreddolita e al tempo stesso in fiamme e domande senza risposte, la bocca sigillata, la testa infuocata, l'odore del sangue, il sapore del sangue, sangue sul suo ventre e sulle sue mani e tra i capelli, lo stomaco rovesciato.

Ah Soh che l'aiutava a entrare nella vasca da bagno, l'acqua troppo fredda, mai abbastanza bollente per lavare la sua morte, ancora malessere e poi un veleno accecante era sceso in lei facendole dimenticare tutto fino a quando non si era risvegliata gridando davanti a Hoag, un'immagine di bruttezza, oh, come era brutta.

Rabbrividì. Come sarò da vecchia?

E a che età si diventa vecchi?

Alcuni lo diventano molto presto. Che cosa aveva detto esattamente a Hoag, non riusciva ancora a ricordare, sapeva solo che il veleno se ne era andato e che un sonno ristoratore ne aveva preso il posto.

Devo essere grata a Hoag e invece odio Babcott perchè fu la sua pozione a dare inizio alla mia disperazione.

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