Gai-Jin (54 page)

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Authors: James Clavell

Tags: #Fiction, #Action & Adventure

BOOK: Gai-Jin
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Sono rimasto solo io adesso. Ori è morto o morirà domani. Anche Shorin è motto. E Sumomo? La notte scorsa le lacrime avevano bagnato le sue guance durante un sogno, e Sumomo era presente con il suo bushido, il suo fuoco, il suo profumo e il corpo che lo chiamava ed era irraggiungibile.

Dormire era impossibile, perciò si era seduto nella posizione del loto ed era ricorso allo zen per dare un pò di pace alla sua mente.

Poi quella mattina, dono degli dei, il furtivo messaggio in codice dalla mama-san di Koiko che aveva saputo con altrettanta segretezza dalla cameriera di Koiko della scappatella di Utani.

Eeeh, pensò con gioia, mi chiedo cosa farebbe Yoshi se sapesse che i nostri tentacoli lo raggiungono persino nel suo letto e si stringono intorno ai suoi testicoli?

Sicuro ormai che non erano stati scoperti, balzò verso la porta e l'aprì forzandola con il coltello. Entrarono in fretta lasciando di guardia Akimoto nella sua uniforme da sentinella.

Gli altri seguirono Hiraga silenziosamente, lungo le scale verso gli appartamenti delle donne. Tutto era molto lussuoso, i legni migliori, i tatami più fini, la più pura carta di riso per gli shoji e gli oli più fragranti per le lampade e le candele.

Svoltarono in un angolo del corridoio: sorpresa, la guardia li fissò senza capire.

Aprì la bocca ma non emise alcun suono. Il coltello di Hiraga l'aveva soffocato sul nascere.

Scavalcò il corpo, si diresse verso l'estremità del corridoio ed esitò un istante per fare il punto della situazione. Era un cul-de-sac. Su entrambi i lati c'erano pareti di shoji scorrevoli dietro le quali si aprivano le stanze. Di fronte c'era una porta più grande e più decorata delle altre.

In tutte le stanze erano accese le lampade a olio.

Sentì qualcuno russare e il respiro pesante di altre persone. In silenzio fece cenno a Todo e a Joun di seguirlo e agli altri di restare di guardia, poi avanzò come un predatore notturno. Il suono del respiro pesante si fece più forte.

Un cenno col capo a Joun. Immediatamente il giovane gli passò davanti e, raggiunta la porta più lontana, a un altro segnale di Hiraga fece scorrere lo shoji. Hiraga balzò nella stanza seguito da Todo.

Due uomini giacevano proni sulle belle coperte di seta imbottita dei futon, nudi e avvinghiati, il giovane sotto e l'anziano sopra di lui ansimava abbarbicato al suo corpo menando gran colpi, dimentico di tutto.

Hiraga si avvicinò, alzò la spada fin dietro la testa con le due mani e stringendo con forza l'elsa l'abbassò infilzando i due corpi a pochi centimetri dal cuore e facendola penetrare fin nel tatami trafiggendo qualsiasi cosa incontrasse sul suo fatale percorso.

L'uomo anziano morì all'istante con uno spasimo e un tremito delle membra. Il giovane lottò, incapace di girarsi, senza poter muovere il busto, in grado soltanto di agitare braccia, gambe e testa ma non abbastanza per vedere né capire cos'era successo eccetto che la sua vita se ne andava.

Un urlo di terrore gli si formò in gola ma Todo con un balzo gli fu accanto per soffocarglielo con il laccio, un istante troppo tardi. Un brandello di quell'urlo restò sospeso nell'aria fetida.

Todo e Hiraga si precipitarono verso la porta, i sensi all'erta. Hiraga impugnava il coltello. Todo, Joun e i loro compagni rimasti nel corridoio sguainarono le spade con i cuori che battevano all'impazzata, pronti alla carica, alla fuga o alla lotta, a morire ma anche a combattere fino all'ultimo respiro. Alle spalle di Hiraga le mani delicate del giovane si affannavano intorno al collo, le unghie lunghe, perfette e smaltate come farfalle intorno al filo di ferro.

Le dita tremarono e si irrigidirono e con un ultimo tremito giacquero, immobili per sempre.

Silenzio. Da qualche parte qualcuno si stiracchiò rumorosamente e tornò a dormire. Nessun allarme né grida d'avvertimento. Gradualmente i samurai si ripresero dallo spavento; erano coperti di sudore. Hiraga ordinò la ritirata.

Ubbidirono tutti immediatamente eccetto Joun che ritornò nella stanza per recuperare la spada di Hiraga.

Diede uno strattone ai due corpi ma tutta la sua forza non gli bastò a recuperare l'arma. Hiraga gli fece cenno di allontanarsi, si cimentò a sua volta e falli. Su un basso porta armi di legno laccato giacevano le spade dei due uomini morti.

Hiraga ne prese una. Sulla soglia si girò a guardare.

Nella luce chiara e immobile della lampada a olio i due corpi sembravano una gigantesca e mostruosa libellula con molte zampe e una testa umana; le coperte spiegazzate erano le sue ali colorate, la spada samurai un gigantesco spillone d'argento, Vide il volto del ragazzino per la prima volta, era un volto molto bello.

 

Yoshi passeggiava sul parapetto del castello accanto a Koiko.

Era più alto di almeno una testa. Nella brezza che veniva dal mare e nella bassa marea c'era l'annuncio del freddo ma Yoshi non vi badò. Ancora una volta i suoi occhi si spostarono dalla città, laggiù in basso, alla luna; era completamente assorto nei suoi pensieri.

Koiko aspettava paziente.

Indossava un kimono dello shantung più prezioso con un sotto kimono scarlatto e i capelli sciolti le cadevano sulle spalle fino alla vita. Il kimono di Yoshi invece era di seta, di tipo comune però, come le spade, comuni ma affilate.

“A che cosa state pensando, sire?” domandò Koiko ritenendo che fosse giunto il momento di scacciare la sua malinconia. Benché fossero soli parlò a bassa voce, non c'era un solo angolo del castello in cui ci si potesse sentire sicuri fino in fondo.

“Kyòto” rispose lui a voce altrettanto bassa.

“Accompagnerete lo shògun Nobusada?”

Scosse il capo in segno di diniego; in realtà invece aveva deciso che sarebbe andato a Kyòto prima dell'arrivo dello shògun. La consuetudine all'inganno aveva reso le menzogne automatiche.

Devo trovare il modo di fermare quello stupido ragazzino e diventare l'unico tramite tra l'imperatore e lo shògunato, stava pensando, assillato dalle difficoltà che negli ultimi tempi non gli avevano dato tregua: la follia di quella visita di stato, Anjo che con la sua influenza sul Consiglio era riuscito a ottenerne l'approvazione, Anjo con il suo odio e i suoi complotti, questo castello in cui sono chiuso in trappola, la moltitudine di nemici in tutto il paese, primi fra tutti Sanjiro di Satsuma, Hiro di Tosa e Ogama di Choshu, che adesso è padrone delle Porte che sono nostre per diritto ereditario. E in più ci sono i gai-jin, in attesa di piombarci addosso come lupi affamati.

Bisogna risolvere il problema degli stranieri in modo definitivo. Il giovane Nobusada e la principessa devono essere neutralizzati, in modo definitivo. La soluzione definitiva per i gai-jin è chiara: dobbiamo escogitare un piano che a qualsiasi prezzo ci faccia diventare più ricchi e meglio armati del nemico straniero.

E ciò deve restare segreto ora e per sempre. Come raggiungere questo obiettivo? Ancora non lo so. Ma per motivi politici nel frattempo dobbiamo lusingarli, disorientarli, utilizzare i loro sciocchi atteggiamenti contro di loro e impiegare le nostre superiori capacità per farli cadere in una trappola dorata.

Nobusada? E' altrettanto chiaro.

Ma non è lui la vera minaccia. La vera minaccia è sua moglie. Non mi devo preoccupare di Nobusada, è la principessa Yazu la vera forza dietro il ragazzo.

Si abbandonò alle fantasticherie e immaginò la principessa che, dotata di un pene, abusava di un passivo Nobusada. Sorrise tra sé. Sarebbe una magnifica shunga, pensò divertito. Le shunga erano incisioni colorate a soggetto erotico, così popolari e apprezzate tra i mercanti e i negozianti di Edo che lo shògunato le aveva vietate da più di un secolo perchè troppo licenziose per la classe inferiore e perchè rischiavano di essere usate come libelli contro i potenti.

Nell'immutabile gerarchia nipponica istituita dal tairò, il dittatore Nakamura, e resa permanente dallo shògun Toranaga, prima venivano i samurai, secondi i coltivatori, terzi gli artigiani d'ogni tipo e ultimi, disprezzati da tutti, i mercanti: “parassiti dell'altrui lavoro” come li definiva il Legato. Disprezzati perchè tutti avevano bisogno della loro abilità e della loro ricchezza, soprattutto della ricchezza. In particolare i samurai.

Perciò le regole, alcune regole perlomeno, potevano essere allentate.

Quindi a Edo, Osaka e Nagasaki, dove vivevano i mercanti più ricchi, le shunga, bandite dalla legge, venivano tuttavia dipinte, incise e tranquillamente prodotte dai migliori artisti e stampatori del paese. In ogni epoca gli artisti avevano gareggiato tra loro per conquistare fama e fortuna vendendone a migliaia.

Immagini erotiche molto esplicite ma sempre con genitali gargantueschi, allegramente sproporzionati, le shunga migliori avevano dettagli perfetti e mobili. Altrettanto apprezzati erano gli ukiyo-e, ritratti degli attori più famosi, costante argomento di pettegolezzi; scandalo e licenziosità. Siccome la legge non permetteva che le donne recitassero, erano attori di sesso maschile, gli on-nagata a interpretare i ruoli femminili. E andavano soprattutto a ruba i ritratti delle cortigiane più famose.

“Vorrei che qualcuno eseguisse il tuo ritratto. E un peccato che Hiroshige e Hokusai siano morti.” Koiko rise.

“Come dovrei posare, principe?”

“Non a letto” rispose Yoshi ridendo con lei. Poiché accadeva molto di rado che lui ridesse, Koiko si compiacque con se stessa della vittoria.

“Mentre cammini per la strada con un ombrellino verde e rosa e il kimono verde con la carpa d'oro.”

“Magari, principe, anziché lungo una strada, in un giardino al tramonto mentre inseguo le lucciole.”

“Ah sì, molto meglio!” Yoshi sorrise ricordando le rare sere estive della sua giovinezza in cui era stato autorizzato ad allontanarsi dagli studi.

Insieme ai fratelli e alle sorelle e agli amici usciva nei campi a dare la caccia alle lucciole con sottilissimi retini e poi le chiudeva in gabbie minuscole e restava a guardare la luce che miracolosamente lampeggiava, componendo poemi, ridendo e scherzando, giovane e irresponsabile.

“Come mi sento adesso con te” mormorò.

“Come dite, signore?”

“Tu mi fai dimenticare me stesso. Tutto di te mi piace.”

Per tutta risposta lei gli sfiorò un braccio, dicendo tutto e niente, lieta del complimento, concentrata su di lui nel desiderio di leggerne pensieri e bisogni, nel desiderio di essere perfetta per compiacerlo.

Ma questo gioco è stancante, pensò un'altra volta. Questo padrone è troppo complicato, troppo acuto, troppo imprevedibile, troppo solenne e difficile da divertire.

Mi chiedo per quanto tempo mi terrà con sé.

Io comincio a odiare il castello, a odiare questo esilio, le prove a cui sono continuamente sottoposta, la lontananza da casa, dalle risate e dalle chiacchiere delle altre ragazze, Raggio di Luna, Primavera, Petalo e soprattutto la mia cara mama-san, Meikin.

Sì, ma mi piace molto essere al centro del mondo, adoro guadagnare il mio koku quotidiano, mi esalta essere ciò che sono, cortigiana del più nobile padrone che in realtà è soltanto un uomo come gli altri, e come tutti gli uomini non è che un bambino irrequieto che finge d'essere complicato ma in realtà si lascia controllare con una caramella e uno schiaffo, come sempre, e che, se sei intelligente, decide di fare soltanto quello che tu hai già deciso che farà.

La sua risata trillò.

“Che cosa c'è?”

“Mi fate felice, mi fate sentire viva, sire. Vi chiamerò Signore Dispensatore di Felicità!” Yoshi si sentì pervaso da una sensazione di calore. “Anche a letto?”

“Anche a letto.” Sottobraccio si avviarono verso l'interno lasciando la luce della luna.

“Guarda là” esclamò lui all'improvviso.

In lontananza uno dei palazzi stava bruciando. Le fiamme si alzavano in cielo tra nubi di fumo scuro.

Sentirono giungere da lontano le deboli campane che annunciavano il fuoco e videro le persone piccole come formiche affannarsi intorno al palazzo. Altre file di formiche si aggiunsero alle prime dando vita a una colonna interminabile che collegava il palazzo al serbatoio dell'acqua: è il fuoco il nostro principale nemico, non la donna, aveva scritto lo shògun Toranaga nel Legato, con umorismo.

Contro il fuoco possiamo difenderci mentre contro una donna no. Tutti gli uomini e le donne giunti in età da matrimonio si sposeranno. Tutte le abitazioni avranno serbatoi d'acqua a portata di mano.

“Non riusciranno a spegnerlo, vero, principe?”

“No. Immagino che qualche stupido abbia fatto cadere una lampada o una candela” borbottò Yoshi a denti stretti.

“Sì, avete ragione, principe, uno stupido” ripeté lei per placarlo avvertendo l'ira improvvisa ma non comprendendone la causa. “Sono così felice che voi siate il responsabile delle misure antincendio del castello perchè così possiamo dormire tranquilli.

Il colpevole di questo incendio, chiunque egli sia, dovrebbe essere punito severamente. Mi chiedo di chi sia il palazzo che sta bruciando”

“E la residenza di Tajima.”

“Ah, sire, continuate a stupirmi” ribatté Koiko con toccante ammirazione, “è straordinario essere capaci di distinguere un palazzo da un altro fra centinaia di palazzi, e a una tale distanza poi.” Si inchinò: per nascondere il volto innanzitutto, perchè sapeva con certezza che si trattava invece del palazzo di Watasa, e che a quel punto il daimyo Utani doveva essere morto e gli attaccanti al sicuro. “Siete un uomo straordinario.”

“No, tu sei straordinaria, Koiko-chan.” Sorrise a quella donna così dolce e minuscola, obbediente e pericolosa.

Tre giorni prima la sua nuova spia, Misamoto, ansiosa come sempre di provare il proprio valore, aveva riferito le voci che circolavano nelle caserme sul convegno segreto tra Utani e il ragazzino.

Ma Yoshi aveva ordinato a Misamoto di far giungere il segreto anche alle orecchie della cameriera di Koiko che certamente l'avrebbe sussurrato all'orecchio della sua padrona o a quello della mama-san o magari di entrambe; altre voci avevano un fondamento di verità, ovvero che questa mama-san, Meikin, fosse un'entusiasta sostenitrice di sonno-joi e che clandestinamente trasformasse la sua casa in luogo d'incontro e rifugio per gli shishi.

L'informazione sarebbe stata passata agli shishi che non avrebbero perso tempo davanti all'occasione di uccidere un uomo tanto importante. Da quasi due anni le sue spie tenevano Meikin e la casa sotto sorveglianza per seguire i movimenti degli shishi e di Koiko.

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