Read Moll Flanders (Collins Classics) Online

Authors: Daniel Defoe

Tags: #Fiction, #Classics

Moll Flanders (Collins Classics) (17 page)

BOOK: Moll Flanders (Collins Classics)
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Quando ne fui certa, ed ebbi convinto anche lui, incominciammo a pensare di escogitare qualche espediente per aggiustare la cosa, e io proposi di confidare il segreto alla padrona di casa, per chiederle consiglio, e lui fu d’accordo. La padrona, donna abituata, come potei capire, a cose del genere, la prese molto allegramente; disse che aveva capito che prima o poi ci saremmo arrivati, e ci fece divertire molto. Come ho già detto, ci accorgemmo che era una vecchia molto pratica di simili operazioni. Fece tutto lei, si occupò di trovare una levatrice e una balia, di rispondere a qualsiasi domanda, di trarcene fuori salvando la nostra reputazione, e fece tutto in modo veramente abile.

Quando io fui giunta quasi al termine del tempo, lei volle che il mio amico partisse per Londra, o facesse finta di partire. Partito lui, lei raccontò alle autorità parrocchiali che una signora stava per venire a partorire in casa sua, ma lei conosceva benissimo il marito, e disse loro, inventandoselo, come si chiamava, e cioè a suo dire Sir Walter Cleave; disse che si trattava di un gentiluomo tanto per bene, che rispondeva lei per qualsiasi richiesta di informazioni, e via di questo passo. Questo bastò a quelli della parrocchia, senz’altro, e io rimasi lì, tenuta nella medesima considerazione di cui avrei goduto se realmente fossi stata Lady Cleave, e fui assistita nel mio travaglio dalle mogli di tre o quattro dei cittadini più in vista di Bath, fra i nostri vicini, il che, tuttavia, rese la cosa un po’ dispendiosa per il mio amico. Io gli manifestai più volte le mie preoccupazioni al riguardo, ma lui mi disse di non preoccuparmene.

Poiché lui mi aveva dato denaro a sufficienza per le spese in più da sostenere in quell’occasione, io ebbi ogni cosa della miglior qualità, ma non volli nemmeno darmi alla pazza gioia o alle stravaganze; per di più, consapevole della mia situazione, e sapendo anche troppo bene come va il mondo, e che le cose di quel genere non durano mai, mi preoccupai di metter da parte quanto denaro potei per il giorno in cui dovesse, come dicevo io, venire a piovere; e feci credere a lui che era stato tutto speso per la messinscena speciale che il mio parto aveva avuto.

A questo modo, e compreso quel che lui m’aveva dato prima come ho detto, io mi trovavo ad avere, alla fine della mia convalescenza, circa duecento ghinee mie, compreso quel che era rimasto del mio.

Detti alla luce proprio un gran bel maschio, e che pupo grazioso era. Lui, quando lo seppe, mi scrisse una lettera tanto gentile e affettuosa, e mi disse che pensava che era meglio per me andare a Londra appena mi alzavo e stavo bene. Mi aveva procurato un alloggio ad Hammersmith, onde fingere che io fossi giunta a Bath provenendo da Londra; dopo un po’ sarei tornata a Bath, e lui sarebbe venuto con me.

A me piacque molto l’idea, e così noleggiai una carrozza appositamente, e prendendo con me il bambino, una balia che lo teneva e lo allattava, e una cameriera, partii alla volta di Londra.

Lui mi accolse a Reading con la sua carrozza, e, presa a bordo me, lasciò la servitù e il bambino nella carrozza a nolo, e così mi condusse alla mia nuova casa di Hammersmith; della quale io ebbi tutte le ragioni d’essere più che contenta, perché vi erano delle stanze molto belle, e io mi sistemai benissimo.

E adesso ero al culmine di quella che potevo considerare la mia prosperità, e non avrei desiderato altro che d’essere una moglie, il che tuttavia in quel caso non era possibile, non c’era nessuna via; di conseguenza, in ogni occasione, io mi studiavo di risparmiare quel che potevo, come ho detto, per il momento delle ristrettezze, ben sapendo che cose di quel genere non durano per sempre; che gli uomini che hanno l’amante di sovente la cambiano, o se ne stancano, o diventan gelosi, o qualcos’altro succede che li induce a ridurre la loro liberalità; e a volte donne che sono così ben trattate non hanno cura di salvare la stima della propria persona né quella gradevole merce scambio che si chiama fedeltà; e allora vengono addirittura cacciate via con infamia.

Ma io ero tranquilla, da questo punto di vista, poiché, come non avevo nessuna ragione di cercar cambiamenti, così non avevo motivo di tirarmi conoscenze per casa, e non avevo nessuna tentazione davanti a me. Non avevo altra compagnia che la famiglia presso la quale abitavo, e nella casa vicina c’era la moglie di un prete; di modo che, quando il mio amico era assente, io non facevo visita a nessuno, e lui ogni volta che venne non mi trovava mai fuori della mia camera o del mio salotto; se andavo fuori a prendere una boccata d’aria, era sempre con lui che lo facevo.

Questo mio modo di vivere con lui, e il suo con me, era di certo la cosa meno premeditata del mondo; lui dichiarava spesso che, dal momento in cui per la prima volta mi aveva conosciuta, fino alla notte stessa in cui rompemmo la regola, lui non aveva avuto il minimo progetto di coricarsi con me; aveva sempre avuto per me un affetto sincero, e mai la più lieve tendenza a fare quel che aveva fatto. Io gli assicurai che non avevo mai dubitato di lui; nel caso contrario non avrei ceduto con facilità alle libertà che ci avevano condotto a quel punto, ma era stata proprio una sorpresa, dovuta al fatto che quella notte avevamo troppo concesso al nostro reciproco desiderio; e in verità io ho potuto spesso osservare dopo d’allora, e affido quest’avvertimento al lettore di questa storia, che dobbiamo esser molto cauti nell’assecondare i nostri desideri verso libertà sfrenate e dissolute, se non vogliamo avere la sorpresa che i nostri principi di virtù ci vengano a mancare proprio nella circostanza in cui avremmo più bisogno della loro assistenza.

È vero, e l’ho già confessato dianzi, che fin dal primo minuto in cui incominciai a parlare con lui io ero decisa a lasciarlo coricare con me, se voleva; ma ciò perché io avevo bisogno della sua assistenza e del suo aiuto, e non avevo altro modo se non quello di assicurarmi lui; ma quando ci trovammo quella notte a letto insieme, e, come già ho detto, giungemmo a quel punto, io mi accorsi della mia debolezza; al desiderio infatti non fu possibile resistere, e io mi vidi costretta a ceder tutto prima ancora che lui me lo domandasse.

Lui fu comunque così perfetto con me da non rinfacciarmelo mai; né mosse mai la minima critica alla mia condotta in nessun’altra occasione, ma sempre dichiarò che continuava a deliziarlo in ugual misura la mia compagnia come la prima volta che eravamo stati insieme; intendo dire insieme a letto.

È vero che lui non aveva una moglie, nel senso che quella non era una moglie per lui, e io perciò da quella parte non correvo rischi, ma il più delle volte le serie riflessioni di coscienza strappano gli uomini, specialmente gli uomini saggi, dalle braccia delle amanti, e così accadde infine anche a lui, sia pure per un altro motivo.

D’altra parte, anche se non mi mancavano i rimproveri che per la vita da me condotta la mia coscienza mi rivolgeva in segreto, e io pur nei momenti di soddisfazione maggiore dovevo subirmeli, tuttavia avevo di fronte a me la prospettiva terribile della povertà e della miseria, che incombeva su di me come uno spettro, sicché non c’era da pensare a voltarsi a guardare indietro. Ma come la povertà mi ci aveva gettato, così la paura della povertà mi ci tenne, e molte volte io decisi di venirne fuori non appena avessi messo da parte denaro a sufficienza per potermi mantenere. Ma erano quelli pensieri senza gran peso, e svanivano ogni volta che lui veniva a trovarmi; la sua compagnia, infatti, era così deliziosa, che c’era da esser di malumore quando lui era via; quelle riflessioni mi occupavano soltanto le ore in cui ero sola.

Vissi sei anni in quella condizione di felicità e di infelicità, nel qual tempo detti alla luce tre figli, ma soltanto il primo sopravvisse; cambiai casa due volte in quei sei anni, ma alla fine tornai al mio primo alloggio di Hammersmith. Fu lì che una mattina ebbi la sorpresa di una lettera gentile ma malinconica del mio signore, il quale mi comunicava che era molto malato e temeva di star per avere un altro attacco del suo male, ma siccome in casa con lui c’erano i parenti di sua moglie non era conveniente che ci fossi anch’io, cosa per la quale esprimeva comunque il suo disappunto, perché avrebbe tanto voluto che fossi ancora io a curarlo e ad assisterlo come l’altra volta.

Io fui molto allarmata da quella notizia, ed ero impaziente di sapere che cosa gli capitava. Aspettai un paio di settimane o pressappoco ma non ebbi notizie, e questo mi stupì, e incominciai a essere in angustia. Le due settimane seguenti fui sul punto, credo, di impazzire, posso ben dirlo. Una difficoltà in più per me era che non sapevo esattamente dove lui stava; infatti, dapprima io ritenevo che abitasse in casa della madre della moglie; ma poi, andata a Londra, riuscii, con l’aiuto dell’indirizzo che avevo per inviargli le mie lettere, ad avere sue informazioni, e scoprii che abitava in una casa di Bloomsbury dove aveva trasferito, poco prima di ammalarsi, tutta la famiglia; e nella stessa casa stavano sua moglie e la madre di sua moglie, benché la moglie non fosse nemmeno in grado di capire che abitava nella stessa casa del marito.

Venni anche a sapere ben presto che s’era ridotto agli estremi, e questo, per dir le cose come stanno, poco mancò riducesse agli estremi anche me. Una sera ebbi l’idea di travestirmi da cameriera, con la mantellina tonda e il cappello di paglia, e di presentarmi alla porta, come se fossi stata mandata da una signora dei paraggi dove lui aveva abitato prima, e, dando il nome del mio padrone e della mia padrona, dissi che ero stata mandata a informarmi come stava il signor…, e come aveva passato la notte. Nel fare quell’ambasciata ebbi l’occasione che cercavo; infatti, parlando con una delle cameriere, feci con lei un lungo pettegolezzo ed ebbi tutti i particolari della malattia di lui, che appresi essere una pleurite, seguita da tosse e febbre. Quella mi disse anche chi c’era in casa, e come stava la moglie, che a suo dire aveva qualche speranza di riacquistare la ragione; ma quanto al signore, mi disse in poche parole che i medici avevano per lui ben poche speranze, che al mattino l’avevan creduto in punto di morte, e ora stava soltanto un poco meglio, tanto da far pensare che non sarebbe arrivato alla sera dopo.

Furono pesanti quelle notizie per me, e incominciai a veder la fine della mia prosperità, e anche a capire che avevo fatto proprio bene a far la massaia e a metter da parte qualcosa finché lui era stato vivo, altrimenti ora non avrei saputo in che modo continuare a vivere.

Mi dava gran pensiero, inoltre, anche il fatto che avevo un figlio, un bambino veramente bello, di quasi cinque anni, e che non s’era per nulla pensato a quello, almeno per quel che io ne sapevo. Con tali pensieri e il cuore colmo di tristezza ritornai quella sera a casa e presi a ragionar fra me in che modo sarei vissuta e come mi sarei arrangiata per il resto della mia esistenza.

Potete star certi che non me ne stetti tranquilla senza cercar di avere in tutta fretta altre informazioni su quel che capitava a lui; e non arrischiandomi ad andar di persona, mandai diversi messaggeri con falsi incarichi, finché, dopo due settimane di angosciosa attesa, venni a sapere che c’erano speranze per la sua vita, anche se era ancora molto malato; smisi allora di mandare persone, e qualche tempo dopo appresi dai vicini che s’era alzato, che girava per casa, e poi che era tornato ad uscire.

Non ebbi dubbi, allora, che presto avrei avuto sue notizie, e presi a consolarmi perché la mia situazione s’era, così credevo, rimessa a posto. Attesi una settimana, due settimane, e con sorpresa e stupore passai nell’attesa due mesi senza riuscire a saper nulla, se non che, dopo la guarigione, lui era andato in campagna a cambiar aria, per rimettersi meglio dalla malattia. Dopo ciò, trascorsero altri due mesi, e io venni a sapere che lui era tornato alla sua casa di città, ma non ebbi ancora sue notizie.

Gli avevo scritto diverse lettere, indirizzandole come al solito, e avevo saputo che due o tre erano state recapitate ma le altre no. Gli scrissi di nuovo, in termini più insistenti che mai, e in una lettera gli feci presente che mi vedevo assolutamente costretta a chieder di lui, e gli dipingevo la mia situazione, l’affitto da pagare, le spese da fare per mantenere il bambino, e il miserevole stato nel quale io stessa mi trovavo, priva d’ogni soccorso dopo il suo solenne impegno di prendersi cura di me e di provvedere a tutto. Feci una copia di questa lettera, e poiché ero venuta a sapere che era ferma a casa sua da un mese e non era stata ritirata, trovai modo di fargliela consegnare a mano in un caffè dove, informandomi, avevo saputo che era solito recarsi.

Quella lettera lo costrinse a darmi una risposta, dalla quale, pur apprendendo di essere stata abbandonata, seppi anche che mi aveva inviato qualche tempo prima un’altra lettera per dirmi di ritornare a Bath. Riferirò qui appresso il contenuto.

La verità è che il letto dell’ammalato è un’occasione nella quale certi rapporti si considerano con diverso atteggiamento e si guardano con altri occhi da quelli con cui li avevamo visti prima. Il mio amante era stato a un passo dalla morte, sull’orlo dell’eternità; e, a quanto pare, era stato colpito dal legittimo rimorso e dalle tristi riflessioni intorno alla sua vita trascorsa, mondana e leggera; fra l’altro, il suo colpevole rapporto con me, che null’altro era se non una vita di adulterio continuato, gli era apparso quale era realmente, non come fino a quel momento lui aveva creduto che fosse, e lui l’aveva considerato con legittimo, religioso orrore.

Devo anche osservare, traendone un insegnamento per il mio sesso in tali vicende di piacere, che ogni qual volta ad una colpa come quella fa seguito un sincero pentimento, non manca mai di derivarne anche un odio per l’oggetto; e quanto più profondo sembrava prima l’affetto, tanto più grande sarà in proporzione l’odio. Sarà sempre così, e non v’è possibilità che sia altrimenti. Infatti non può esservi sincero ed autentico orrore per la colpa, se permane l’amore per la sua causa; con l’orrore del peccato si giungerà sempre a detestare chi nel peccato ci è stato compagno; né ci si può attendere altro.

Così mi trovai io, anche se onestà e buona educazione trattennero quel signore dal portare le cose al loro estremo; ma la storia, in breve, della parte avuta da lui nella vicenda fu questa: apprese dalla mia ultima lettera, e da altre informazioni che si procurò, che io non ero tornata a Bath, e che la sua prima lettera non era giunta in mano mia; al che mi scrive come segue:

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