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Authors: Sarah Langan

Virus (46 page)

BOOK: Virus
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Poi andarono in cerca degli ultimi superstiti della peste di Corpus Christi.

 

45.

Il dilemma di re Salomone

 

Enrique Vargas infilò le mani nello spiraglio rimasto libero sulla finestra di Maddie Wintrob, e strappò il legno che la chiudeva. Aveva gli stivali sporchi del fango del bosco, e i capelli gli si erano arricciati. Passò dalla finestra al letto, dove Maddie era legata e imbavagliata. Aveva di nuovo la bandana rossa sulla faccia, come un sorriso. Lui le passò le dita sul collo, un gesto che a Maddie parve quasi delicato. Lei scalciò e si contorse, un comportamento che lui probabilmente fraintese per paura. Era un avvertimento. Fenstad gli spuntò alle spalle, e lo pugnalò alla schiena con il coltello Ginsu.

Produsse un suono come di marcio. Meg rabbrividì. Non era abbastanza forte da usare un coltello, così Fenstad l'aveva armata di un martello ancora insozzato della lordura di qualcuno. Stava su una sedia dietro il letto perché non riusciva a reggersi in piedi. Era una zavorra, rischiava di essere di peso più che di aiuto, ma Fenstad aveva bisogno di lei. Senza di lei, avrebbe perso l'orientamento.

Enrique non cadde. Il coltello si era piantato a un paio di centimetri dal bersaglio, e gli aveva mancato il cuore. Si chinò e lacerò le lenzuola che immobilizzavano le braccia di Maddie.

Meg si alzò. Non si mosse rapidamente. Zoppicava. Maddie si sciolse la bandana. Si mise a sedere e prese Enrique per mano. Non se ne andarono. Restarono nella stanza. Fu allora che Meg seppe con certezza che sua figlia non c'era più. Cercò di gridare, ma non produsse suono. I bambini si avvicinavano.

Per primo puntarono Fenstad, e Meg non poté far nulla per impedirlo. Enrique lo costrinse sul pavimento. Fenstad lo pugnalò ancora nel petto. Enrique rimase immobile per un istante. Sembrò di nuovo un ragazzo. A Meg non piaceva guardare. Non ce la faceva a vedere i suoi begli occhi castani. Non erano splendidi, con la pelle che luccicava come raggi di luna? Stava impazzendo un po' anche lei.

Poi Fenstad si scagliò contro Maddie. La immobilizzò a terra mentre lei faceva scattare le mandibole a vuoto, cercando di mordergli le dita. «Fermo. Lasciala andare!» disse Meg, ma lui non le dava retta.

Gli si avvicinò zoppicando. «FERMO!» gridò lei di nuovo, mentre dalla finestra ne vide altri arrampicarsi lungo il muro. La faccia di Fenstad era impassibile. Se n'era andato di nuovo, e non c'era tempo di richiamarlo indietro. Se questa cosa fosse accaduta lentamente, se avessero avuto un mese, o anche solo una settimana per digerire la fine del mondo, sapeva che lui sarebbe tornato da lei, più forte che mai. Era un uomo migliore di quanto lei avesse mai capito, e lo amava più di quanto avesse mai immaginato.

Ma non c'era tempo.

Il coltello di Fenstad si avvicinava al collo di Maddie. Lo sguardo di Meg passò dall'uno all'altro. Fece il suo dovere, anche se non voleva. Lo colpì sulla testa con il martello. Lui vacillò, e fu preso dalle convulsioni. Dapprima non ci fu sangue. Le sorrise inebetito, come se tutto ciò che c'era stato tra loro non fosse mai accaduto, come se fossero ancora in quel bar di Boylston Street, e lui stesse per bisbigliarle che andava matto per le brunette. Ma poi gli cedette una gamba, e si girò a metà su se stesso. Lei vide scendergli un fiotto di sangue lungo la schiena, e capì di avere inferto un colpo fatale.

Lui continuò a sorridere mentre si accasciava, e prima ancora che toccasse il pavimento lei comprese di essersi sbagliata.

Arretrò, mentre Maddie si alzava dal pavimento. Si trovarono faccia a faccia. I corpi dei due uomini giacevano a terra, pallidi. Dalla finestra spuntarono braccia e mani. Gli infetti, a caccia di cibo. Lei lasciò cadere il martello. Non lo voleva più. Non le importava più di niente. Maddie le si avventò contro. Lei chiuse gli occhi.
D'accordo
,
pensò.
Facciamola finita.
E poi:
almeno così vivrò dentro di lei.

Maddie passò una mano lungo tutto il braccio di Meg, e poi lungo la sua gamba ferita. I suoi occhi verdi erano diventati neri. Poi le si fece vicina, e le leccò la guancia.

«Questa è mia» disse Maddie. La cosa che un tempo si chiamava Lois Larkin guardava dalla finestra. Non rispose. La sua bocca aveva cambiato forma, non era più in grado di formulare parole. Una tacita comunicazione passava tra luna e l'altra. Meg la avvertiva nell'aria, come elettricità statica durante un temporale. «Questa è mia» ripeté Maddie.

Lois ridiscese lungo il muro. Gli altri, compresa Maddie, la seguirono. Si precipitarono lungo la strada, e la città, e attraverso il Maine e il New England, fino all'Oceano Pacifico. Corsero ululando nella notte.

E Meg Wintrob rimase là. L'ultima donna di Corpus Christi.

 

46.

Per fortuna o per un dio

 

Sulla strada di Bedford, Danny vide una donna che camminava lentamente, con la schiena ingobbita. Se non si fosse sentito tanto solo, probabilmente sarebbe stato più cauto. Invece, accostò l'auto e abbassò il finestrino. La donna lo guardò. Non disse niente. Non sorrise. Si vedeva che non era malata.

«Io parto. Vieni anche tu?» domandò.

Lei esitò, e guardò prima il sedile posteriore, poi quello del passeggero. Infine guardò lui. Sostenne il suo sguardo a lungo. «Dove?»

«Non lo so. Via di qui.»

«I miei figli sono morti» gli disse. Poi alzò le mani magre come fossero armi mortali. Aveva le unghie lunghe e smaltate di rosso.

«Ho ucciso mio fratello» replicò lui, e non appena l'ebbe detto cominciò a piangere. «Sono rimasto solo. Non ho più nessuno.»

Sul lato del passeggero la carrozzeria era ammaccata, così lei girò dalla parte del conducente e aprì la portiera. Lui sgattaiolò di lato. «Non dovrei guidare, sono troppo piccolo.»

Lei sedette. Poi allungò una mano e spense la radio, che mandava un fruscio ad altissimo volume. Davanti a loro c'era il bosco, e poi l'autostrada. Alle loro spalle c'era Corpus Christi.

Era così silenziosa che lui pensò che si trattasse di un fantasma. Si asciugò gli occhi e la guardò. Ti prego, toccami, voleva dire, ma aveva paura.

Lei schiacciò l'acceleratore e si avviarono. Lui avvertiva il suo sguardo. Occhi duri, senza compassione. Ma grazie a Dio erano blu. «Avremo cura l'uno dell'altro.»

La gratitudine lo ammutolì.

Insieme imboccarono la rampa dell'autostrada a Bedford, dove i soldati avevano abbandonato il posto di blocco. Quando giunsero nel New Hampshire, videro il traffico fermo e le macchine vuote, così infilarono la corsia d'emergenza e poi viaggiarono fuori strada e attraverso le piccole città fino a individuare la Route 88 e dirigersi a ovest. Assistiti dalla fortuna o da un dio, guidarono tutto il giorno e per gran parte della notte, e non li fermò nessuno.

 

Epilogo

 

Sono passati due mesi, e io aspetto notizie. Di giorno le strade sono deserte, salvo per Tim Carroll, che ha perso la ragione e vaga ancora per Corpus Christi in cerca degli scomparsi.

Ho quasi finito le candele. Ho avuto molto tempo per ripensare alla settimana che ha messo fine al mondo. Più tempo di quanto ne avrei voluto. Mi manca mio marito. Mi manca anche mia figlia. La gamba è quasi guarita, ma l'osso si è calcificato storto, e sono rimasta zoppa. Per impedire ai selvaggi di divorare i suoi resti, ho nascosto mio marito nella ghiacciaia. Il suo corpo attende un funerale degno.

 

Ho una radio che riceve frequenze da tutto il Paese, e nel Midwest qualche città resiste ancora. Ma la gamba mi tiene prigioniera qui. Non è rimasto niente da mangiare, nemmeno un sacco di farina o di zucchero sugli scaffali delle drogherie. Ho sbarrato con le assi di legno tutte le finestre del secondo piano. Di notte li sento, ma non entrano mai. Credo che Maddie mi protegga. Non si sposta con gli altri quando fa buio, e spesso la vedo da sola, davanti alla porta. Vorrei lasciarla entrare.

Penso al Canada. Questo virus non può durare per sempre. Ma David è in California, e forse sta attraversando il Paese in macchina per venire a cercarci. Io lo aspetto.

Fratelli, sorelle, madri, padri. Ogni giorno che passa ne perdiamo altri. Non può durare per sempre. Questa cosa che ha devastato il Paese, questa maledetta guerra civile, dovrà pur finire.

Ma per ora io aspetto, accendo le candele, e sfrutto la luce del giorno per andare in cerca di cibo. Soffro talmente la fame che ho le unghie piene di buchi, e mi stanno cadendo i capelli. Il corpo di mio marito è intatto nella ghiacciaia. Penso anche a quello.

 

Ringraziamenti

 

Ringrazio i miei agenti Joe Veltre e Sarah Self. Meritano una medaglia per il loro sostegno instancabile. Grazie anche ai miei editor, Sarah Durand e Piers Blofeld, per i loro consigli, la loro schiettezza, e - devo ammetterlo - la pazienza.

Sono in debito (probabilmente in senso letterale) con i membri del Programma di salute ambientale della New York University, e in particolare con Becky Gluskin per il suo entusiasmo, Judy Zelikoff per le lezioni del suo corso di Tossicità sistemica, George Thurston per avermi lasciato tutto il tempo che mi serviva per scrivere questo libro, e Gerry Solomon per avermi ammessa al suo programma.

Grazie anche al mio gruppo di scrittura
Who Wants Cake
e ai suoi membri: Dan Braum, K.Z. Perry, Stefan Petruca, Lee Thomas, e il capitano, Nicholas Kaufmann. Ringrazio per la loro generosità anche Ramsey Campbell, Ray Garton, Jack Ketchum, Tim Lebbon, Kelly Link, Peter Straub e Douglas E. Winter.

Infine, alcune delle persone che mi hanno sostenuta lungo la strada: Milda Devoe, Jon Evans, Michelle e Erik Gustavson, Marybeth Brennan Magee e la sua famiglia, i Brennan come i Magee, Laura e James Masterson, Kate Quinn, il mio eroe personale Artie Schupbach, Lori e Ryan Stattenfied, Arlaina Tibensky, JT Petty, Chris, Michael, mamma e papà, che mi hanno permesso di trasformare la loro casa in una colonia di scrittori, e i Langan della Virginia, del Massachusetts, del Distretto di Columbia, di Syracuse e di Amityville. Provo profonda gratitudine per il fatto che nessuno di voi, una volta letto il mio libro, mi abbia imposto di rivolgermi a uno psichiatra. Vi pregherei di non farlo alla prossima riunione di famiglia per il Giorno del Ringraziamento.

 

FINE

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