Virus (42 page)

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Authors: Sarah Langan

BOOK: Virus
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«Mad-e-line» disse lui. Lei lo avvertiva nella mente. Lui sorrise come se la amasse, ma lei sapeva che non era vero. Forse non l'aveva amata mai. E anche questo la rese triste.

Cercò di distogliere lo sguardo, senza riuscirci. Non c'era via d'uscita dai suoi occhi. Lo vide sul suo letto, che la stringeva. Non voleva altro che quello, stringerla un'ultima volta. Questo poteva concederglielo. Voleva la stessa cosa anche lei.

«Fermati» sussurrò. «Ti p-prego.» Ma la sua voce era fioca. Si sentiva appena.

«Ora non dovrò lasciarti mai più» le disse Enrique mentre le metteva una mano pallida sulla bocca, perché non potesse urlare. Le sue dita erano fredde, e le premeva così forte che lei si tagliò l'interno del labbro sui denti. «Staremo sempre insieme. Vivrai dentro di me, e io ti porterò con me.»

Alle sue spalle c'era la stampa incorniciata di Rockwell,
Liberi dalla paura.
Una coppia di genitori dava il bacio della buona notte a due bambini. Ora che stava annegando, desiderava anche lei un bacio della buona notte. Lo voleva da Enrique.

Era venuto fin lì per lei, anche se era cambiato. Lo aveva fatto perché non riusciva a lasciarla. La amava troppo. Lei voleva tanto crederlo. Era quello che lui le stava dicendo con il pensiero, ma lei sapeva la verità. Ora che era infetto non amava nessuno, e questa cosa che li legava non aveva niente a che fare con l'affetto. Non era che istinto, e fame.

Dalla finestra, un altro corpo si trascinò oltre il davanzale e scivolò sul pavimento. Era il fratello minore di Enrique, Thomas, e il virus dentro di lui non lo calzava. Quando camminava carponi braccia e gambe non collaboravano tra loro. Così strisciava, come un verme.

Il riflesso sprofondò negli occhi di Enrique. Ogni timore scomparve. Il rumore incessante lasciò posto al silenzio. Invece della sofferenza, c'era un'acqua immota. Invece dell'amore, c'era la fame. Era bellissimo.

Enrique le leccò le labbra con la lingua gelida, e niente ebbe più importanza. Non le importavano i suoi genitori, che senza di lei si sarebbero fatti a brani. Non le importava di suo fratello David, il cui primo ragazzo a scuola era stato tanto crudele, e lui non aveva potuto parlarne con nessuno tranne con Maddie, perché si vergognava del fatto che le persone che amava non fossero donne. Non le importava della fine del mondo. Non le importava nemmeno di se stessa.

Enrique le appoggiò una mano sul seno. Era ghiacciata, e non se l'era riscaldata prima di toccarla. Era strano che questa cosa che puzzava di rancido indossasse la faccia di Enrique, ma lei non ne ricordava più il motivo. «Mad-e-line» disse lui, «c'è un equilibrio. Siamo già in troppi, non possiamo crearne altri.»

Le sue parole la ferirono nel profondo. Ci annegò. Stava per ucciderla. Non l'amava nemmeno a sufficienza per trasformarla. D'un tratto, provò rabbia. La sua immagine si dibatté dentro gli occhi di lui, e tornò in superficie. Lei piegò la gamba e gli sferrò un calcio con quanta forza riuscì a raccogliere.

«Papà!» strillò. «Aiuto!»

Enrique vacillò. «Sei sempre stata una stronza viziata» disse. Poi si chinò, e per un brevissimo istante lei pensò che volesse baciarla. Invece le affondò i denti nella spalla del pigiama viola, e poi nella carne. La sensazione era orrenda, e fredda. Qualcosa di nero e antico come il catrame si insinuò nella ferita. Prese a scorrerle nel sangue. Se lo sentì muovere nel petto, nel cuore, nei polmoni, nel fegato. Lo sentiva nelle gambe, nelle braccia, nelle orecchie, finché tutto ciò che restava di Maddie Wintrob non fu che una minuscola scintilla, che guardava il mondo dalla prigione degli occhi di un mostro. Enrique diede un altro morso.

La porta della camera da letto si spalancò. Suo padre si precipitò dentro mentre l'ultimo tepore la lasciava. Toccò prima a Thomas. Stava strisciando sul pavimento, e suo padre lo colpì alla nuca con un unico colpo rapido. Poi sollevò in aria il martello insanguinato, e si scagliò contro Enrique. Lei sorrise, perché dentro di lei soltanto un minuscolo frammento di Maddie stava urlando. Era imprigionato in quell'ammasso di carne famelica, e anche quello era buffo.

In seguito, Enrique raggiunse la finestra. E si dileguò. La guardò prima di andarsene, e lei capì che sarebbe tornato. Aveva marcato il suo territorio. Ora che suo fratello era morto, lei poteva vivere.

Suo padre premette forte contro la spalla appiccicosa di sangue. Le lenzuola erano diventate rosa. Versò sulla ferita qualcosa che sfrigolò, e tamponò con garza e nastro chirurgico il foro che Enrique le aveva fatto nel braccio. Spinse così forte che il sangue si arrestò. Lei voleva che smettesse, per perdere tutto il sangue che aveva in corpo. Forse sarebbe uscito anche il virus.

Si immaginò di saltare dalla finestra. Magari per miracolo avrebbe imparato a volare, altrimenti sarebbe precipitata. Non le erano mai piaciute le attività di gruppo. Non voleva diventare una di loro. Cercò di alzarsi, ma suo padre la tenne giù. «Morto» disse lei, e intendeva:
La persona che sono stata sta morendo.

«Lo sarà presto» rispose suo padre. «Non permetterò ti faccia del male.»

Le cose che contavano un tempo le sfuggirono via. Le persone che aveva amato, il mondo che aveva abitato, le possibilità a venire. Le scivolavano tra le dita e si inabissavano in un lago profondo. Si portarono dietro Maddie Wintrob, e lei annegò. Dalla prigione dei suoi occhi restò a guardare mentre qualcosa di malvagio dentro di lei sbadigliava, sbatteva le palpebre, e infine affiorava in superficie.

Sorrise all'uomo che l'aveva legata al letto. «Tesoro?» domandò lui. «Bambina, rispondi. Riesci a sentirmi?» Ora la teneva tra le braccia, lei gli sentiva battere il cuore.

«Ho fame» disse.

Il collo aveva smesso di sanguinare, e lui teneva ferma la benda sulla ferita. Era piacevole sentirla rimarginarsi. Succedeva così in fretta. «Forse ci vorrà una trasfusione» disse lui. «Useremo il mio sangue, dovrebbe funzionare.»

Guardò fuori da quella che adesso le sembrava una gabbia e provò una grande tristezza, ma il resto di lei non ne capiva il perché. «Lo senti anche tu, Fennie?» domandò. «È un nodulo, o sei solo felice di vedermi?»

 

38.

Il mio cuore ha smesso di battere,

ma io sono ancora qui

 

Fenstad segò le gambe del comodino, e inchiodò il pianale sulla finestra di Maddie.

«Tu non faresti del male alla tua povera mamma malata, vero Fennie, ragazzo mio?» domandò lei.

Lui raccolse un pezzo di tessuto dal pavimento, caso volle si trattasse di un paio delle mutande bianche di Maddie, e glielo ficcò in bocca. Poi la imbavagliò con una bandana rossa. Finalmente l'aveva messa a tacere.

Avvicinò una sedia al letto e si sedette. Cominciò a sbattersi contro un palmo l'estremità piatta del martello, mentre Maddie lo fissava. Sua figlia era infetta. Sua moglie anche. Era l'ultimo uomo rimasto sulla terra.

Certo, ce n'erano altri che dicevano di non essere infetti, ma lui la sapeva più lunga. Danny Walker, per esempio. Quella sera, non appena il sole era tramontato, il ragazzo aveva parcheggiato la macchina a tutta velocità sul suo bel prato verde, per fargli gli occhi languidi e tristi del cucciolo sperduto. Fenstad ci era quasi cascato. Aveva provato pena per quel ragazzino, ancora più giovane di Maddie e rimasto senza nessuno al mondo. Per un secondo si era immaginato che quel ragazzo fosse il miglior colpo di fortuna che potesse capitargli, perché insieme potevano trasportare Meg oltre i blocchi stradali nei quali sarebbero incappati, e fuggire. Ma poi aveva ricordato: nessun figlio di Miller Walker poteva piangere lacrime sincere.

Fenstad gli aveva sorriso, mentre simultaneamente spostava il pulsante del trapano elettrico da spento a pausa. Il ragazzo era infetto. Voleva demolire la villa vittoriana, e Fenstad era rimasto l'ultimo a tenerla in piedi. Aveva sollevato il trapano nel momento stesso in cui il ragazzo infilava la retro.

Il sangue di Thomas Vargas sul pavimento era fetido. Fenstad sentiva un prurito alla testa solo a guardarlo, quel macello.

Stappò il flacone di OxyContin e macinò una pastiglia tra i denti. Andando avanti così le avrebbe finite prima dell'alba, e sarebbe stato costretto a tornare all'ospedale. Aveva un vago ricordo degli effetti dell'OxyContin sul sistema nervoso centrale, e probabilmente era quello a offuscargli la mente. Se fosse stato lucido, non avrebbe trascurato di sbarrare quella finestra. Però si sentiva bene. Considerate le circostanze, si sentiva benissimo.

Sul letto, Maddie si contorceva. Il ragazzo morto sul pavimento perdeva sangue come un insetto calpestato. E se non era morto? E se, proprio in quell'istante, la ferita che gli sanguinava nel cervello si stava rimarginando, e non appena Fenstad gli avesse voltato le spalle il ragazzo si fosse alzato per aggredire sua figlia?

«Fenstad?» chiamò Meg dall'altra parte del corridoio. Aveva rinunciato a sbraitare, ora sembrava ammansita.

Aveva una gran voglia di una tazza di caffè, ma da solo non era capace di prepararlo. E comunque aveva le gengive insensibili. E anche la lingua, e la gola. Cominciò a canticchiare
God Only Knows
,
perché in quel momento era l'unica canzone che riuscisse a ricordare.

«Cosa sta succedendo? Maddie, stai bene? Fenstad, ti prego, rispondimi» chiedeva Meg. Aveva la voce roca a furia di urlare, e come un bambino sfinito dal troppo piangere presto si sarebbe addormentata. Meglio così, decise lui. Non voleva metterla in ansia con la notizia che Maddie era stata morsa.

Lei si addossava sempre il peso di troppe cose, e quando non riusciva più a reggere, crollavano tutti.

Inoltre, lo aveva tradito. Quando gli aveva proposto di lasciare Corpus Christi, non poteva non sapere come avrebbe reagito. Mai più avrebbe dormito sotto lo stesso tetto di Sara Wintrob. Probabilmente era tutto un complotto per fuggire con Graham Nero. Cos'altro ci era venuto a fare quell'uomo a casa sua, se non per portarsela via?

Ma nonostante tutto lui sarebbe rimasto al suo fianco. L'avrebbe protetta, nonostante tutto. Lei aveva commesso un errore. Era comprensibile. Anche lui ne aveva commessi.

Fenstad scrutò fuori dallo spiraglio di pochi centimetri rimasto sulla finestra sbarrata. Il respiro gli si strozzò in gola. Corpi pallidi scorazzavano lungo l'isolato. Balzavano aggraziati, come gazelle, mentre altri più lenti strisciavano sul terreno. Erano bellissimi. Desiderò di essere uno di loro. E invece era la bestia da soma di quelle donne. A pensarci bene forse la scelta di David non era poi tanto stupida.

Fenstad lasciò scorrere lo sguardo dal cadavere sul pavimento a sua figlia e poi di nuovo alla finestra. Quella sera aveva ucciso un bambino. Ma era perfettamente comprensibile. A volte agli uomini più ordinari capitano cose fuori dell'ordinario.

Fennie, mi sento così sola. Mi hai lasciata tutta sola
,
gli sussurrò qualcuno all'orecchio. Lui guardò attraverso la fessura sulla finestra, e invece degli infetti che correvano, vide il riflesso di Sara Wintrob. Indossava una camicia da notte di cotone bianco. I primi tre bottoni erano slacciati. Le vedeva l'ombelico infossato. Abbassò lo sguardo e arrossì. Quella sera aveva ucciso un bambino. Lo aveva assassinato. I suoi occhi perdevano acqua sul pavimento.

Fammi entrare, Fennie
,
disse la voce.
Fa tanto freddo qui fuori.

Lui sferrò un calcio al cadavere del bambino. Con forza. E poi un altro. E un altro ancora. Sua figlia no, non l'avrebbe toccata. No, prese a calci il bambino sul pavimento. Il corpo era floscio, non offriva resistenza. E poi, dopo un istante, si mosse. Lui lo scrutò attentamene, e si accorse che respirava ancora. Lo squarcio nel cranio aveva cominciato a chiudersi.

Guardò il martello. Era uno strumento rozzo, ma non ne aveva altri. Dalla stanza non poteva uscire. Non poteva lasciare sua figlia da sola. Poi si ricordò della sega gettata in un angolo. Lavorò in fretta, casomai il ragazzo avesse ancora coscienza. Casomai sentisse dolore. Il nuovo strumento era spietato. Segò e segò. Ciò che era uno diventò due, e il pavimento della stanza si ricoprì di putridume. La testa decapitata di Thomas Vargas restò a guardarlo, a occhi sbarrati.

Quanto ai suoi, forse avevano ripreso a sgocciolare. Non ci aveva fatto caso. Così era troppo. Gli avrebbe proprio fatto comodo uno spazzolone. Guarda che macello aveva fatto! Ma non sapeva dove Meg tenesse gli spazzoloni, e non poteva lasciare Maddie da sola.

Fennie, il mio cuore ha smesso di battere, ma io sono ancora qui
,
sussurrò qualcuno. Sembrava Sara Wintrob, ma lui sapeva che era Thomas Vargas. Chi altri poteva essere?

Prese un lenzuolo bianco dal letto, e ricoprì i pezzi del bambino. Una mano spuntava dal bordo.

Fennie, mi sento sola qui fuori. Scendi ad aprirmi la porta. Abbiamo tanta fame, e poi lo sai di non avere scelta: se ami qualcuno, devi lasciarlo andare.

Lui pensò che forse era tornato a Wilton, nel Connecticut. La moquette era intrisa di sangue. Aveva la bocca insensibile, dalle labbra alle gengive alla lingua. Pensò che forse era morto, solo non se n'era ancora accorto.

Sarebbe stato meglio avere una sega elettrica. Con quella manuale era un lavoraccio. Dopo un po' la mano si staccò, ma dal lenzuolo spuntò un piede, e allora segò anche quello. E poi intravide un sussulto, come se quella cosa fosse ancora viva, e allora separò le gambe dal tronco, mettendo a frutto ciò che aveva imparato alla facoltà di medicina. Quand'ebbe finito, la sega era spuntata.

Non c'erano abbastanza lenzuola per ricoprire tutto quel sangue, così strappò via anche la trapunta di Maddie. Lei non gemeva più. Aveva gli occhi freddi. Guardava. Lui rimpianse di averla costretta ad assistere. Rimpianse di non averla potuta proteggere da una cosa tanto terribile. Ma in un certo senso era meglio così. Era stufo di vederla pendere dalle sue labbra. Non è facile fare l'eroe quando sai di avere i piedi di argilla. Almeno adesso lo sapeva anche lei: Fennie era proprio un bambino disordinato.

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