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Authors: Sarah Langan

Virus (2 page)

BOOK: Virus
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Avrebbe dovuto rifiutare. Noreen lo aveva rivendicato per sé. Inoltre, lui aveva abbandonato gli studi al Thermos Community College per lavorare come cassiere alla Citibank. Lui e Andrew Lynack abitavano insieme in una piccola mansarda, e tutte le sere prima di andare a dormire si fumavano un cilum del migliore hascisc del Maine, e tutte le mattine, prima di farsi il nodo alla Windsor sulla cravatta in poliestere a righe, inauguravano la giornata con una canna.

Ma quando l'aveva invitata fuori, Ronnie le aveva appoggiato una mano sulla spalla. Aveva mani enormi, le dita nodose e piene di calli. Era dai tempi di Roddy Chase che un uomo non la toccava in quel modo. Un'ondata di calore le aveva attraversato il maglione, superato il dolcevita, fino ad arrivarle alla pelle. Tutto dentro di lei aveva avuto un sussulto e si era disposto in un modo che le era parso perfetto. Senza pensarci, senza prevedere l'ira funesta di Noreen, aveva accettato di andare con lui al multisala a vedere
Freddie Got Fingered
di Tom Green.

Nel giro di una settimana Ronnie le aveva attaccato le piattole. C'erano volute sette settimane per liberarsi di quegli animaletti pestiferi. Minuscoli puntini rossi di sangue le avevano macchiato indelebilmente le lenzuola in corrispondenza dell'inguine, dove i parassiti avevano serrato con tenacia le loro mandibole acuminate. Lui se le era beccate dalla sua ex, ed era convinto di averle sterminate, ma alcune uova più caparbie erano rimaste aggrappate alle fibre dei suoi asciugamani in bagno, in attesa di schiudersi. Quando Lois l'aveva informato di cosa le aveva fatto, lui era diventato rosso come un peperone e per un mese le aveva permesso di scegliere tutti i film che scaricavano da internet (pellicole francesi sottotitolate che nemmeno le piacevano, solo per il gusto di punirlo). Se non avesse avuto la passione per gli insetti, una fascinazione per ogni aspetto dei loro corpi microscopici, probabilmente lo avrebbe mollato.

«Ronnie è uno sfigato» aveva sentenziato stridula Noreen tirando così forte dalla sua Camel Ultra Light da far sfrigolare la brace. Durante le settimane in cui erano usciti insieme, la sua gelosia si era condensata in silenzio sulla fiamma di una rabbia incandescente, fino a trasformarsi in una densa zuppa nera. «E poi, sono sicura che è gay. Lui e il suo convivente ti vogliono come facciata.»

Lois sapeva che avrebbe dovuto difendere Ronnie. E invece annuì come se Noreen potesse aver ragione, e poi cambiò argomento. Non valeva la pena di litigare con Noreen. La metà delle cose che diceva quando aveva bevuto se le dimenticava, e l'altra metà non le pensava davvero. La vita era proseguita così per un po'. Ogni giovedì si trovavano al Dew Drop Inn a buttare giù qualche Cosmopolitan alla mela, mentre Noreen la ricopriva di merda, e Lois subiva il trattamento come se le desse un buon profumo.

Lois e Ronnie avevano continuato a frequentarsi. Avevano finito per conoscersi, per dipendere l'uno dall'altra. Ci erano cascati per noia, adesso lo capiva. Ma a volte la noia può tramutarsi in amore. Molto spesso, probabilmente.

Tre anni dopo la sua domanda di dottorato in entomologia all'Università del Massachusetts era stata accettata, completa di borsa di studio. Quando lo aveva detto a Ronnie, lui le aveva chiesto di restare a Corpus Christi, e lei lo aveva fatto. Una mossa stupida. Quando aveva spedito la lettera di rinuncia all'iscrizione e alla retribuzione di ventiduemila dollari annui che superavano di parecchio il suo stipendio di maestra, il suo istinto viscerale aveva strillato su un registro così acuto che lei non lo aveva sentito; aveva avvertito soltanto la lacerazione interna. Per tre giorni non aveva né mangiato né dormito, consapevole dell'errore commesso.

Ma dopo un po' si era abituata allo sbaglio, e le cose erano tornate alla normalità, cioè erano a posto, ma non grandiose. Il convivente di Ronnie aveva cominciato a uscire con Noreen, cosa di cui Noreen era stata felice. Così, meglio tardi che mai, si era data una calmata e si era messa a fare la carina. Avevano cominciato a fare le cose in quattro: andavano al cinema, andavano al bowling, mettevano monete da venticinque centesimi nel jukebox del Dew Drop Inn per ascoltare i dischi di Johnny Cash, fumavano canne. Lois aveva scoperto che fumare le canne le piaceva un sacco. L'hascisc rendeva tutto facile, come fare il morto in una piscina riscaldata.

E poi, due mesi fa, dopo sei anni di fidanzamento, Ronnie le aveva fatto la proposta di matrimonio.

Avevano appena finito la loro pasta del venerdì sera al ristorante italiano Monteleone quando lui aveva lasciato cadere sul piatto unto di lei un anello granato decorato da un pulviscolo di brillantini. L'anello aveva girato come una trottola per un po' prima di fermarsi. Una bolla di gioia le aveva chiuso lo stomaco, strozzandole poi la gola come un rigurgito. Era questo il momento che aspettava. Già. Proprio questo.

Si era aspettata che lui si mettesse in ginocchio, ma non era andata così. Si era limitato a stringersi nelle spalle, come se non fosse sicuro di come fossero arrivati fin lì. Con gli occhi della mente Lois aveva avuto una visione telescopica del futuro, a dieci anni da quel momento, e ciò che vide fu un divano coperto da un plaid sudicio, un paio di mocciosi, e un tizio incapace di tenersi un impiego stabile. Un uomo buono pieno di buone qualità. Con un sorriso accattivante. Capace di preparare un perfetto sandwich con pomodoro e formaggio alla griglia. Un uomo gentile, per quanto smidollato. Proprio come suo padre. Almeno in casa avrebbe sempre comandato lei... proprio come sua madre. Era quella la vita che voleva?
Di' di no
,
le aveva bisbigliato dentro una voce insistente.
Scappa come se ti avesse regalato una scatola di canditi all'antrace, e non osare voltarti indietro.

Lei aveva raccolto l'anello e lo aveva rigirato tra le dita. Era morbido, come se bastasse stringerlo per deformarlo. «Scì!» aveva strillato. «Sciarò tua moglie, Ronnie Koehler.»

Il giorno successivo Noreen aveva accettato di essere la sua damigella d'onore. Poi aveva messo Andrew sotto torchio. Gli aveva detto che Ronnie e Lois si sposavano, e quindi anche loro avrebbero dovuto sistemarsi. Andrew non si era nemmeno dato la pena di mollarla. Aveva semplicemente smesso di rispondere alle sue telefonate. Qualche sera dopo, al Dew Drop Inn, ubriaca e in lacrime Noreen se l'era presa con Lois. L'alcool le aveva talmente arrossato le guance che sembrava avesse usato la liscivia al posto della crema idratante. «Non ci vengo al tuo matrimonio» aveva detto. «Io sono tua amica, ed è mio dovere dirtelo: stai facendo un errore. Lui non ti ama, e non credere che non sappia che l'hai puntato soltanto perché lo avevo visto prima io. Tu non riesci ad accettare che io sia felice.»

Liberarsi di Noreen avrebbe dovuto essere un sollievo per Lois, e invece si era sentita soprattutto ferita. Nelle prime settimane senza la sua migliore amica le era sembrato che un uovo marcio le si fosse schiuso nella pancia, e che il suo tuorlo velenoso le circolasse nel sangue. Comunque, c'era da organizzare un matrimonio, e Lois non aveva nessuno che la aiutasse. Aveva fatto provini ai DJ e prenotato la sala riunioni del Motor Lodge di Corpus Christi. Ronnie apparteneva alla chiesa episcopale, Lois a quella cattolica. I genitori di lui non volevano un prete, e la madre di lei non voleva un pastore. «Nessun problema!» aveva risposto a tutti, per quanto avesse sempre sognato di sposarsi in chiesa. «Il giudice di pace andrà benissimo!» Ronnie era al verde, e sua madre aveva investito i centosessantatremila dollari ereditati da Lois con l'assicurazione sulla vita di Russell Larkin in titoli tecnologici ad alto rischio, il cui valore nel 2002 era crollato a quattromila dollari. «Nessun problema!» aveva annunciato Lois. «Posso usare uno di quei prestiti Discover Card con il venti per cento di interesse.» Perché affannarsi tanto a cercare il credito perfetto quando non si sarebbero comunque mai potuti permettere un anticipo per il mutuo della casa?

La settimana prima Ronnie aveva parcheggiato la sua Camaro rossa nel vialetto davanti alla casa di Lois e suonato il clacson. Chissà come, dal suono rapido, garbato di quell'unica clacsonata, lei aveva capito. Se lo aspettava, come se per tutto il mese avesse sentito sulla lingua un sapore di rame.

Per proteggere il suo amor proprio, avrebbe dovuto essere lei la prima a dire qualcosa mentre sedevano nella macchina parcheggiata, che puzzava di hascisc e bucce di banana. Invece gli aveva recitato mentalmente una preghiera, sperando che lui la sentisse:
Ti prego, Ronnie, cambia idea. Io ti amo, ti amo davvero. Ti amo più di chiunque altro al mondo. Cambia idea, Ronnie. Non posso vivere un altro giorno con mia madre. Non posso dormire un'altra notte nella mia vecchia cameretta sotto le lenzuola con l'orlo ricamato che mia madre mi ha regalato quando avevo nove anni. Senza di te non valgo niente, Ronnie. Non sono niente, e lo sanno tutti.

Ronnie non era riuscito a guardarla negli occhi quando le aveva detto: «Non posso farlo».

«Perché?» Non le era venuta in mente nessun'altra domanda.

«Non sono sicuro di amarti. Non so nemmeno se ti ho mai amata.»

Lei aveva cominciato a piangere, ma poi era successa una cosa strana. Un mostro le si era risvegliato nello stomaco e aveva spalancato gli occhi. Tutto d'un tratto aveva provato il desiderio di fare del male a qualcuno. Si era immaginata di fare a pezzi Ronnie con le sue stesse mani, come se la sua pelle fosse la buccia di un frutto avariato. Di scorrere le dita in quel marciume e stringere forte. Di mangiarlo, lasciandosi scorrere il succo sul mento. Sul serio. Perché che razza di stronzata era quella? Esci con una donna per sei anni, e poi le vai a dire che non l'hai mai amata? D'accordo, puoi anche non avere voglia di sposarla, ma
non la ami
?

Le aveva chiesto di vendergli l'anello, e lei glielo aveva restituito. Non era da lui riprendersi un regalo. Smidollato, sì. Tirchio, no. Avrebbe dovuto immaginare che c'era qualcuno dietro le quinte, e invece si era chiesta: perché proprio io? Tutti gli altri sono riusciti a diventare adulti senza problemi, dov'è che ho sbagliato?

Singhiozzando, era rientrata nella casa di sua madre. La patria dei divani di velluto sintetico, dei tavoli di formica in cucina, e delle pareti color salmone sbiadito. Stato dell'arte negli anni Ottanta, senza dubbio. Ma non più precisamente moderno. Il salotto emanava un distinto odore umano, con quelle finestre sempre sigillate, e sua madre stava distesa sotto una coperta di lana da quando quella mattina il sole aveva fatto capolino attraverso i buchi nelle veneziane Levolor marroni.

La televisione trasmetteva una replica di
Chi vuol esser milionario.
Lois era entrata in salotto, tirando su col naso. Per tutta risposta, Jodi Larkin aveva alzato il volume. Regis stava chiedendo quanti erano in totale i piani delle due torri al World Trade Center, una domanda che persino in quello stato Lois aveva giudicato di cattivo gusto. La risposta, per ottomila dollari, era duecentoventi. Una procace giovane concorrente aveva indovinato, e saltando su e giù pazza di gioia faceva sballonzolare i seni privi di ogni ormeggio. All'intervallo pubblicitario Lois disse: «Mamma? Ronnie e io abbiamo litigato...».

Jodi Larkin esitò per meno di un secondo prima che lo sguardo le si facesse vitreo e cambiasse canale passando a una maratona di
Law&Order: Squadra speciale
sulla TBS. Lois conosceva il significato di quel silenzio. In due occasioni aveva sentito pronunciare le parole che sottintendeva. Una volta quando aveva chiesto aiuto per pagare una rata dell'assicurazione sulla macchina, l'altra quando aveva confidato a Jodi che temeva di essere incinta. Il gesto significava:
Ormai sei grande. Io adesso ho il diritto di pensare a me stessa. Non venire da me con i tuoi problemi, ne ho abbastanza dei miei.

Per tutta la settimana successiva, come un disco incantato, Lois non aveva fatto che ripensare a dove aveva sbagliato. Che Ronnie avesse incontrato un'altra? E cosa cazzo ne sarebbe stato della sua vita, adesso?

L'escursione a Bedford non era la soluzione migliore. Il consiglio scolastico aveva dato la sua autorizzazione, principalmente perché il viaggio a Portland era troppo lungo per gli alunni della quarta. Lei aveva promesso che sarebbero rimasti sul pullman finché non avessero raggiunto il bosco, che per gran parte non era stato toccato dall'incendio. Avrebbero studiato un po' di flora locale, fatto una mini-lezione sulla storia delle cartiere, pranzato al sacco, e poi fatto ritorno a Corpus Christi. Una gita culturale. Una passeggiata naturalistica.

Il motivo principale per il quale Lois aveva scelto Bedford era che moriva dalla voglia di vederla dopo l'incendio. Dopo che la Clott Corporation aveva chiuso i battenti la primavera precedente, alcuni dei residenti ne avevano vandalizzato l'edificio. Per rabbia o per disperazione o per pura e semplice stupidità, avevano appiccato il fuoco ai bidoni di sostanze chimiche ancora in deposito, e mezza città era svanita in una nube di fumo. Una ventina di persone era morta per le esalazioni, e molti si erano ammalati in seguito. Era andata distrutta anche parte della fauna selvatica e della vegetazione. Gli animali avevano perso l'istinto. Le cerve avevano smesso di allattare i piccoli. Gli uccelli avevano dimenticato come si vola e precipitavano dal cielo. I gatti si erano lasciati morire di fame. Persino i ragni, aveva osservato un articolo sull'
Environmental Scientist
,
avevano cominciato a tessere ragnatele sghembe.

Lois aveva studiato fenomeni analoghi all'università, e sapeva che i sintomi somigliavano molto a quelli dell'avvelenamento da metilmercurio. Il mercurio colpisce le parti di materia grigia che regolano gli istinti di sopravvivenza. Negli esseri umani causa anche la sindrome di Tourette. Ma l'Epa aveva testato l'aria e le ceneri di Bedford in cerca di neurotossine, e non aveva trovato nulla. Aveva concluso che lo zolfo lasciato sul terreno dall'esplosione era acidico e avrebbe potuto uccidere qualche albero, ma per il resto era innocuo. Aveva dichiarato Bedford fuori pericolo. Tuttavia, nessuno era riuscito a spiegare gli uccelli che piombavano a terra morti, o gli alberi lungo i marciapiedi della città che avvizzivano come lenti a contatto fuori dal contenitore. L'intera faccenda era rimasta un mistero.

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