Raggiunsero l'appartamento al secondo piano da una scala ripida.
L'interno non era orribile come Laura si aspettava. Charlie aveva fatto del suo meglio per nascondere il pessimo stato delle pareti e lo squallore generale dipingendo tutto e appendendo stampe con cornici di gusto. I mobili erano da poco prezzo e vecchi. Probabilmente stavano già nell'appartamento quando lui si era trasferito lì, però aveva investito in un paio di tappeti e cuscini, che miglioravano un po' l'ambiente. L'influenza di una donna era evidente; Sabrina aveva portato un tocco gradevole, pensò Laura aggirandosi in soggiorno. C'era una cucina rudimentale su un lato e un televisore e scaffali di libreria sull'altro. Scrutò nella piccola camera da letto che immetteva in un minuscolo bagno. Un forte odore di sigarette e alcol pervadeva l'intero appartamento.
«Dio, mi sembra di commettere una violazione di domicilio», mormorò.
«Probabilmente è proprio così.» Philip sorrise.
«Mi mette i brividi.»
«Oh, dai. Sabrina ha detto chiaramente che Charlie ci voleva qui. Non sentirti in colpa. Si fidava di te.»
«Già, e guarda cosa gli è successo dopo avermi vista.» Laura si gettò pesantemente su una sedia a dondolo davanti a una modesta scrivania. Sul piano c'era un computer e accanto un fascio disordinato di fogli, un posacenere colmo di mozziconi di sigaretta. «La biografia di Newton.» Laura indicò col capo una libreria a fianco del televisore. «Vuoi provare lì?
C'è un'altra libreria in camera da letto.» Philip trovò il libro quasi immediatamente. Sedettero al piccolo tavolo in legno della cucina, a un'estremità del soggiorno, col volume aperto. Si intitolava Isaac Newton: biografia di un mago. L'autore era Liam Ethwiche.
«Charlie amava questo libro in modo particolare», disse Laura, ricordando le parole di Sabrina.
Poi aggiunse: «Sulla chiave c'è un numero». Era il 112.
«Un numero di pagina, suppongo.» Philip sfogliò il volume fino ad arrivare a pagina 112.
Mentre leggevano i primi due paragrafi, notarono quasi contemporaneamente l'anomalia. A metà di una riga, il filo logico del discorso svaniva. Le ultime parole della riga dicevano: Stazione Paddington, cassetta 14, party di Geoff, pisello odoroso.
Philip si alzò, andò alla finestra. Fuori, gli edifici grigi e il cielo grigio sembravano fondersi. Era l'ora di punta e il traffico si stava congestionando in New Cross Road. In fondo alla strada, quattro file di veicoli erano immobili. Le marmitte esalavano fumi nell'aria del tardo pomeriggio. Non notò la pulitissima Toyota nera parcheggiata al lato opposto della via.
«Per te ha senso?» chiese.
«Sì, in effetti ha senso», rispose Laura. «Andiamo.» Mise il libro sotto il braccio. «Vuoi guidare tu o devo farlo io?» La stazione di Paddington non distava più di dieci chilometri da New Cross in linea d'aria, però impiegarono quasi novanta minuti per farsi strada nel traffico, compreso un periodo di venti minuti nei quali, grazie a lavori stradali nei pressi di Piccadilly Circus, rimasero immobilizzati a Pall Mall. Il sole era tramontato quando si avvicinarono al Tamigi da sud, un'ora e mezzo più tardi. Svoltarono in Praed Street. I bagliori rossi e gialli dei neon servivano solo ad accentuare lo squallore dei cadenti edifici su entrambi i lati, sporchi per l'inquinamento atmosferico, affollati di jeanserie e localini con spettacoli di spogliarello.
All'interno della stazione, un'onda di marea umana si riversava nell'atrio.
Armadietti e cassette di sicurezza stavano tra una biglietteria e un caffè, il Commuter's Brew. Sul davanti di ogni cassetta c'era un piccolo pannello con una tastiera numerica.
«Allora, ti decidi a dirmi la combinazione e cosa significa pisello odoroso, Laura?» chiese Philip.
Lei sospirò. «Ho scelta?»
«A dire il vero, no.» Laura si appoggiò alle cassette, scrutando i pendolari che passavano di corsa. Si voltò verso la cassetta 14 e mormorò: «È il mio nomignolo. Cioè, il nomignolo che mi ha dato Charlie».
Philip sbuffò.
«Ci siamo conosciuti a un party a Oxford nel 1982. Eravamo in una grande casa con appartamenti in affitto, di proprietà dei genitori di un ragazzo del nostro anno, Geoff... Geoff Townsend, mi pare. Comunque, dopo quella sera Charlie mi ha sempre chiamata pisello odoroso.»
«E perché?»
«Portavo una giacca a piume color verde pisello e avevo un po' esagerato col profumo.» Philip la guardò, incredulo per un momento, poi scoppiò a ridere.
«È stato tanto tempo fa.» L'espressione seria di Laura spinse Philip a ridere ancora di più. «Scusa», riuscì a dire, ritrovando un minimo di compostezza. «E solo che l'immagine di te in una giacca con piume verde pisello è...»
«Impagabile?»
«Be, sì.»
«I neoromantici erano all'apice del successo. Ricordi? Tu probabilmente portavi una camicia di seta e stivali con gli orli rivoltati all'ingiù.»
«Non ho mai posseduto un paio di stivali di quel tipo», ribatté Philip, indignato.
Ora fu Laura a ridere. «E quando ti ho conosciuto avevi i capelli sistemati in un'orribile treccia.»
«Guarda che era una coda di cavallo.» Philip fece una smorfia. «Okay, qual è la combinazione?»
Lei fissò la tastiera, cominciò a battere numeri. Philip la osservò. 1... 9... 8... 2.
Poi premette il pulsante, afferrò la maniglia e tirò.
All'interno della cassetta c'era un foglio arrotolato, fermato da un nastro di seta nera. Accanto, un CD in un contenitore di plastica trasparente.
Philip allungò la mano e prese i due oggetti.
«Un DVD, immagino.» Slacciò il nastro attorno al foglio. «E poi quello che sembra...» Si interruppe. «Molto interessante. Persino io conosco il latino quanto basta per tradurre.» Sulla prima pagina, in alto, era scritto:
Isaaci Newtoni Scientiae experimentalis principia chemica.
Quasi non scambiarono una parola nell'uscire da Londra, diretti a Oxford. Il traffico si era alleggerito, e nel giro di venti minuti avevano raggiunto la Western Avenue, che li avrebbe portati all'autostrada e agli ottanta chilometri che li dividevano da casa. Erano persi nei propri pensieri. Ognuno ripercorreva mentalmente ciò che avevano scoperto, ma nessuno dei due era ancora pronto a parlarne. Philip guidò e Laura studiò il documento di Newton. Era coperto da una grafia minuta, precisa; il testo era in buona parte scritto in una strana lingua, oppure criptato con un metodo complesso. Dava l'impressione di discorsi incomprensibili. A tratti comparivano frasi in latino, assieme a disegni a base di linee, simboli dall'aspetto bizzarro, tabelle e grafici disseminati apparentemente a caso.
Quando si lasciarono alle spalle le luci della città ed entrarono nella scura monotonia dell'autostrada, con la campagna che correva sui due lati, diventò troppo buio per continuare a leggere.
«È chiaramente una fotocopia», affermò Laura. «Ma cosa diavolo dice?»
«Vorrei essere stato più attento alle lezioni di latino quando avevo tredici anni», replicò Philip.
«Io conosco il latino piuttosto bene, ma questo è un miscuglio caotico di lingue. E tutti i simboli e le parti in codice? A me sembra un'insalata mista di parole.»
«E che accidenti faceva Charlie Tucker con la copia di un documento scritto da Isaac Newton? Non ne ho mai sentito parlare.»
«Nemmeno io. Newton ha scritto i Principia Mathematica, certo, però...» Protendendosi verso il sedile posteriore, Laura recuperò la biografia di Newton che avevano preso nell'appartamento di Charlie. Accese la luce dell'abitacolo e si mise a sfogliare il volume. «Biografia di un mago», lesse a bassa voce. «Ricordo quando uscì il libro. Ha provocato un bel trambusto all'epoca, no?» Philip era perplesso.
«È un'opera revisionista: Newton come stravagante stregone, o qualcosa del genere... Adesso ricordo», aggiunse, battendo l'indice sul libro aperto.
«Era tutto imperniato sull'idea che Newton fosse dedito all'alchimia.»
«Già», commentò Philip. «Adesso rammento anch'io. È uscito qualche anno fa. Ne ho letto una recensione su The Times»
«Newton non era solo un alchimista.» Laura staccò lo sguardo dal libro.
«Pare fosse anche ben addentro alla magia nera. Qui dice:
Newton era un adepto delle arti nere. Lo dimostrano gli scritti che tenne nascosti fino alla morte. Furono mantenuti segreti dai suoi discepoli nel timore di infangare l'enorme reputazione scientifica del grande uomo. Solo nel 1936, sotto gli auspici dell'economista e studioso di Newton John Maynard Keynes, quei documenti vennero riscoperti. Più di un milione di parole su argomenti occulti che andavano dalla divinazione all'alchimia.
«Quindi ha pubblicato il materiale scientifico accettabile ma ha tenuto gli scritti rischiosi ben lontano da occhi curiosi?»
«Così pare. Non poteva rendere noto l'interesse per l'occulto. Gli avrebbe distrutto la carriera.»
«E credi che questi Principia Chemica possano essere una delle sue opere segrete?»
«Non ne sono sicura.»
Laura andò all'indice del volume che teneva in grembo.
«Ha scritto tutti i documenti in latino. Era lo standard per quei tempi. Però è strano che abbia usato la versione latinizzata del suo nome... Ah», aggiunse. Senti qui:
Purtroppo, l'opera più famosa di Newton, Principia Mathematica, non è completata dai Principia chemica, che sarebbe stato il trattato definitivo sulle sue scoperte alchemiche. Ci ha lasciato indizi e suggerimenti, ma non un manoscritto col resoconto del successo nel produrre la mitica pietra filosofale. Questo perché, come molte centinaia di ricercatori prima e dopo lui, Newton, nonostante i suoi straordinari talenti, non ha mai raggiunto l'obiettivo finale. Non ha mai forgiato la pietra che gli avrebbe permesso di scoprire il metodo per produrre oro dai metalli vili; non gli è stata offerta la vita eterna e non ha mai potuto entrare in comunione con l'Onnipotente, per lo meno non da vivo.
Qualche minuto più tardi imboccarono la strada scavata tra le colline che portava ai Chilterns e iniziarono la lunga, ripida salita per attraversare il confine tra Buckinghamshire e Oxfordshire. Nel buio, vedevano ben poco del magnifico panorama offerto dalla luce del giorno, un patchwork di campi coltivati che si estendevano fino all'orizzonte.
Laura chiuse il libro, spense la luce dell'abitacolo e accese la radio. «Ti va un po' di musica?» Premendo il primo pulsante dei canali preselezionati ottenne solo scariche. Idem col secondo e col terzo. Col quarto, l'auto fu inondata da un brano dei Van Halen della metà degli anni Ottanta. Philip cominciò a muovere la testa a tempo.
Laura premette il quinto pulsante e abbassò il volume. Una cacofonia di suoni atonali uscì dagli altoparlanti.
«Dev'essere Radio 3», disse Philip.
«Cos'è, Concerto per tre scarichi di lavandino e un vibratore? Per amor di dio, godiamoci i Van Halen.»
«Per niente.» Laura rise. Dopo un paio di stazioni francesi a onde lunghe e una radio locale indipendente, trovò Radio Oxford e quelle che dovevano essere le ultime notizie del giornale radio.
«... Il capo della delegazione estone ha dichiarato che l'incontro è stato un grande successo e spera che l'Unione Europea si attenga alle raccomandazioni emesse in precedenza.» Pausa.
«Veniamo alle notizie locali. La polizia è sempre più preoccupata per la sorte del professor James Lightman, direttore della Biblioteca Bodleiana.
La sua automobile è stata rinvenuta attorno alle dieci di stamani abbandonata a Norham Gardens, nella zona nord di Oxford. La polizia dice che non c'erano segni di lotta e che il professore ha lasciato la propria borsa sul sedile del passeggero. Le chiavi erano ancora inserite nell'accensione. Al termine del programma daremo un numero di telefono per chiunque abbia informazioni utili per la polizia della Valle del Tamigi.»
Oxford, 12 agosto 1690, quasi mezzanotte
Per qualche secondo John Wickins pensò di essere sul punto di svenire per il caldo e il dolore. Nonostante il balsamo e le cure di Robert Boyle, l'ustione alla spalla era dolorosa quasi quanto al mattino, e il mal di testa di cui aveva sofferto per tutto il giorno era solo un po' meno opprimente.
Lui, Boyle e Hooke erano passati nel labirinto. Ora boccheggiavano in cerca d'aria nel corridoio che portava alla camera. Avevano intravisto una sola volta i tre uomini che li precedevano, entrando nella cantina dei vini dell'Hertford College: Newton, du Duillier e un'altra figura incappucciata, della cui identità non erano certi, si erano addentrati nei tunnel più avanti per poi scomparire nel labirinto.
Ora i membri della cerchia che si era formata attorno a Newton, e che condivideva i suoi oscuri segreti, erano entrati nella camera. Una fioca lama di luce filtrava dalla porta, lasciata socchiusa.
All'esterno, i tre Guardiani erano premuti contro la parete umida e viscida del corridoio. Cercavano di trattenere il respiro. Avevano spento l'unica torcia e si stavano preparando ad agire. Sentivano venire dalla camera una voce maschile che cantilenava parole appena discernibili, lunghi monologhi intervallati periodicamente da frasi incomprensibili intonate da tutte e tre le voci. Un rivolo di sudore scese lungo la schiena di Wickins, che strinse le palme umide sull'impugnatura della sua lama. A destra stava Hooke, che imprecava sottovoce, viso e giacca inzuppati di sudore. A sinistra, Boyle aveva sguainato la spada. Il metallo intercettò il sottile fascio di luce in uscita dalla stanza e nel fioco bagliore Wickins vide il profilo esile del vecchio. Aveva gli occhi puntati sulla porta, ogni muscolo teso. Mentre Wickins lo studiava, Boyle si staccò dal muro, fece tre lunghi, rapidi, silenziosi passi in direzione della camera. Quando la raggiunse, fece cenno agli altri due. Si mossero anche loro e Boyle spalancò la porta. I tre corsero nella camera a spade sguainate.
L'odore di trementina, sudore e carne umana, l'opprimente aria calda e il ronzio delle empie formule magiche assalirono i loro sensi. I tre membri della cabala di Newton, incappucciati, vestiti di pesanti tuniche di raso nero e grigio, stavano di fronte al pentacolo sul fondo della stanza. La figura al centro teneva levata una piccola sfera rossa.
I Guardiani avevano dalla loro l'elemento sorpresa, e Boyle era deciso a non sprecarlo. Guizzò verso l'uomo con la sfera, lo afferrò per il collo e lo trascinò lontano dal pentacolo. La sfera cadde sul pavimento, rotolò sulla pietra, andò a fermarsi sotto il pentacolo. Tirato in piedi l'uomo, Boyle gli premette la spada sulla gola. Le altre figure incappucciate erano paralizzate dallo stupore. Hooke e Wickins corsero avanti, si fermarono con le punte delle spade a pochi centimetri dai volti nascosti.