«Porca miseria!» esclamò Laura, esalando tutto il respiro che aveva trattenuto. Poi, di colpo, batté le mani.
«No, no, ma certo, ci siamo...»
«Cioè?»
«Adesso ricordo! Stavamo per mangiare la crème brùlée quando gli altoparlanti del ristorante hanno diffuso una canzone dei Rolling Stones, Brown Sugar. Charlie ha fatto una battuta sulla coincidenza. Crème brùlée, zucchero di canna...»
Si protese sulla spalla di Philip e batté sei lettere sulla tastiera.
«Ferma un attimo, Laura.»
Philip si girò a guardarla.
«Cosa vuoi inserire nel computer?»
«Sei lettere, è ovvio. Lo dice Charlie. Dev'essere PIETRA, no? I Rolling Stones, le Pietre Rotolanti... E poi, cosa c'è dietro tutto quello che sta succedendo? Cosa vuole l'Ordine della Sfinge Nera? Cosa cercava Newton?»
Prima che uno degli altri due potesse aprire bocca, Laura premette INVIO.
Questa volta, lo schermo diventò nero.
Poi apparve la parola
CONGRATULAZIONI.
Laura emise un forte sospiro.
Premette di nuovo
INVIO.
Sullo schermo si materializzò un messaggio più complesso, composto di una riga di parole seguita da una serie di numeri.
NERO, BIANCO, GIALLO, ROSSO, NEW YORK
3,5, 12, 67498763258997
86746496688598
97684795900082
08736047437980
73849096006064
87474877345985
47932768480950
Sotto i numeri, un testo compatto, fatto di centinaia di lettere senza una sola interruzione.
«Tutto qui?»
Philip fece scorrere la videata all'ingiù, ma non c'era nient'altro sullo schermo.
«Se non lo sapessi», intervenne Jo, «il tuo amico Charlie Tucker è una leggenda alla facoltà di matematica.» Con un cenno della mano indicò a Philip di lasciarle il posto al computer.
Laura si girò a guardarla.
«Allora non sbagliava sul DVD, quando si è definito un genio.»
«Lo dici a me? Il professor Norrington, il nostro docente di teoria dei gruppi, ricorda Charlie dai primi tempi in cui insegnava a Oxford.
Norrington ha lavorato per la CIA e l'MI5 prima di passare all'università.
Decifrava codici. Sostiene che Charlie fosse l'unico matematico capace di creare codici che nemmeno lui riusciva a decifrare.»
«Sì, però Charlie voleva che avessimo questa informazione, no?»
«Certo», rispose Jo.
«È solo che lo aveva nel sangue. Non riusciva a farne a meno.»
«Grande», commentò Laura, e si spostò al divano.
«Per tua fortuna», asserì Jo, «conosci un altro genio... E al momento mi sto specializzando in teoria dei gruppi, piuttosto importante per decifrare codici.»
Fletté le dita e contemplò lo schermo.
«E adoro le sfide.»
Oxford, 30 marzo, prima mattina
«Mamma! Mamma, svegliati.»
Laura aprì gli occhi, vide il viso di Jo chino su lei. Si rizzò a sedere, portò le dita alle tempie. Con un sospiro, si adagiò sui cuscini del divano.
«Dio, che ore sono?»
«Le quattro e un quarto.»
«Dov'è Philip?»
«Qui.» Philip entrò in soggiorno con un vassoio. «Credo che ne abbiamo tutti bisogno.» Depositò le tazze di caffè sul tavolino di fronte al divano.
«Be', almeno Jo ne ha bisogno. Tu hai dormito mentre qualcun altro lavorava.» Laura era ancora mezzo addormentata. «Di cosa stai parlando?» Philip sorrise a Jo. «Nostra figlia ha decifrato il codice di Charlie.»
«Ne ho decifrato una parte», precisò Jo.
Laura si scoprì improvvisamente sveglia. Afferrò una tazza di caffè e si mise a sedere sul divano. «Parti dall'inizio, e procedi lentamente», richiese.
Jo aveva in mano un fascio di carte.
«Quando ho cominciato, ho tentato tutto quello che mi è venuto in mente, ma non concludevo niente. Bisogna sempre sperimentare. Be', mi sono messa a pensare a quello che Charlie dice della sfera di rubino. Ha accennato alla scitale e mi è venuta l'idea che anche il codice che ha usato lui fosse una scitale. Un altro indizio mi è venuto dal numero 3,5 che ha scritto dopo la lista di colori. Poi ci sono le serie di numeri», continuò. «Sette file di quattordici numeri interi apparentemente casuali. Mi è parso probabile che dovessero contenere una combinazione numerica, una sequenza rilevante. Così ho deciso di stampare i numeri. Poi col foglio ho creato un tubo di carta del diametro di 3,5 centimetri.»
«E i numeri combaciavano?»
«No.»
«Davvero?»
«Non era semplice come credevo. Mi sono bloccata. Poi ho guardato di nuovo il messaggio. Dopo il numero 3,5 c'era 12, e appena sopra New York. Presumevo che New York si riferisse in qualche modo alla visita di Charlie in America e che potesse diventare rilevante in seguito.»
«A quel punto», intervenne Philip, «Jo ha dimostrato vero genio.» Jo sorrise al padre. «Coi complimenti si può ottenere tutto, papà. Ma in effetti era un'idea ovvia, a ripensarci adesso. New York è anche un carattere tipografico. Ho dovuto stampare i numeri utilizzando il New York, corpo dodici.»
«E ha funzionato?»
«A meraviglia.»
«Quindi ti sei trovata con una nuova scitale.»
«Il problema, però, era che avevo gli stessi novantotto numeri, le sette file di quattordici numeri l'una. Ho provato a vedere se emergesse uno schema evidente, per esempio una successione di numeri da uno a sette o qualcosa di altrettanto semplice, ma senza risultato.»
«Allora cos'hai fatto?» chiese Laura.
«Ho perso un'ora buona in vicoli ciechi, in cerca di rapporti tra i numeri.
Per esempio, ho provato a raddoppiare il primo, da 3,5 a 7 e poi a 14, ma niente. Sono certa che Charlie lo abbia fatto apposta per depistare. Quando ho capito che non arrivavo da nessuna parte, mi sono messa a pensare all'altra parte del messaggio, i colori. È lì che papà mi ha aiutata.»
«So fare di meglio che preparare il caffè», commentò Philip.
«Lieta di sentirlo. Questo caffè fa schifo», ribatté Laura, con una smorfia. «Ehi, scherzavo. Continua.»
«Papà era al computer. Cercava di scoprire tutto il possibile sulle questioni alchimistiche descritte da Charlie. Io ero al tavolo lì, armata delle care, vecchie, affidabili carta e penna.»
«Per felice coincidenza», intervenne Philip, «quando Jo si è arenata io ho trovato qualcosa sulla tavola di smeraldo e su ciò che gli alchimisti hanno cercato di fare con le sue iscrizioni. In rete non c'è niente di niente sulla sfera di rubino, ma immagino fosse prevedibile.»
«E dai, dimmi tutto. Cos'hai scoperto?» chiese Laura, impaziente.
«Roba piuttosto folle, in genere», rispose Philip. «Il lavoro degli alchimisti non si presenta in maniera coerente. Erano ossessionati dalla segretezza. È facile capire perché Charlie fosse attratto da cose simili. È una sfilza di codici e linguaggi segreti. Ogni alchimista voleva nascondere agli altri quello che sapeva. Di certo non amavano condividere, e ognuno interpretava in modo diverso le proprie scoperte. Spessissimo, i resoconti che hanno lasciato si contraddicono clamorosamente a vicenda. Però», trasse un profondo respiro e si fregò gli occhi, «ci sono alcune cose che tutti avevano in comune. In primo luogo, tutti hanno iniziato gli esperimenti con una semplice batteria di sostanze chimiche che mischiavano e riscaldavano per vedere cosa sarebbe successo. Secondo: praticamente ogni alchimista usava i testi della tavola di smeraldo come fonte d'informazioni e ne traeva una specie di 'ricetta'. In quasi tutti i resoconti, hanno visto accadere le stesse cose quando riscaldavano i loro composti chimici. Li vedevano cambiare colore. I risultati erano sempre identici. Il composto era inizialmente nero, poi diventava bianco, poi giallo, alla fine rosso.»
«Ah.»
«Già, ah», ribadì Philip.
«Sul momento, la cosa non mi ha portata da nessuna parte.» Jo sorrise.
«Però mi ha fatto concentrare sui colori nel messaggio di Charlie e sui possibili rapporti con i numeri. Era evidente che Charlie intendeva collegarli fra loro. Nella cripto-analisi tutto ha uno scopo, e Charlie è, era, un maestro.»
«Okay. Quindi cos'hai fatto?»
«Non molto. Ho solo fissato il cilindro di numeri», rispose Jo. «E di colpo, ho visto.»
«Hai visto cosa?»
«I numeri 4,6,6,5 in una delle colonne della scitale.»
«La parola nero: 4 lettere. Bianco e giallo: 6 lettere ciascuna. Rosso: 5.
Esatto?» domandò Laura.
«Precisamente. E questa, mamma, è quella che si definisce una chiave.»
«Grazie, Jo. Non sono Homer Simpson.»
«Il blocco di testo è una serie di istruzioni», aggiunse Philip, e passò uno stampato a Laura.
PRIMA COSA. USA LA STESSA CHIAVE PER DECODIFICARE IL DOCUMENTO DI NEWTON. INTERPRETA LA FORMULA MAGICA. POTREBBE INTERESSARTI. IL DISEGNO MOSTRA IL LABIRINTO SOTTO LA BODLEIANA. SI ENTRA DAL TORRENTE TRILL MILL. PORTA NELLA PARETE A SESSANTATRÉ PASSI DALL'INGRESSO OVEST. SUL FONDO DELLA PAGINA C'È UNA FRASE ESSENZIALE. TI SERVIRÀ PIÙ TARDI. BUONA FORTUNA!
«Fantastico, Jo!» esclamò Laura. «Okay, adesso tocca a me.» Balzò su dal divano. «Il documento di Newton, per favore, Philip. E ancora tanto del tuo eccellente caffè.» Laura depositò la pagina sul tavolo in sala da pranzo. Charlie aveva usato una fotocopiatrice a colori ad alta risoluzione; si vedeva ogni piega e increspatura dell'originale. Il colore era ocra scuro, con strisce bianche lungo i bordi: probabilmente aveva montato il documento su un fondo di cartoncino. Il testo era in varie sfumature di grigio. Laura dedusse che Newton avesse usato inchiostri diversi e fatto aggiunte al testo nel corso di un certo arco di tempo. Attorno agli orli delle pagine c'erano disegni e immagini rozzamente tracciate, simboli e formule. Chissà cosa significavano la testa d'ariete, il simbolo del sole e le poche lettere greche...
In alto, sotto il titolo Isaaci Newtoni Scientiae experimentalis principia chemica, c'erano altre due righe in latino.
«Il sottotitolo è più o meno l'unica cosa di cui capisco il senso», dichiarò Laura. Era china sulla carta, le braccia intrecciate sul tavolo. «L'ho già letto in auto mentre tornavamo da Londra.»
«Per te ha un senso?» chiesero Philip e Jo all'unisono.
«Dio, ma che scuole avete fatto, voi due? Dice Dal Manoscritto dell'Adepto Ripley con l'aggiunta di mie Ricerche ed Esplorazioni.
Tradotto dal Testo Egizio Originale.» Il resto della pagina era diviso quasi perfettamente in due. La prima parte consisteva in linee di testo, costituite da un unico blocco di lettere simile a quello che Charlie aveva messo sul DVD. Sotto, un disegno tracciato in maniera approssimativa, una rete di linee che s'intersecavano.
Somigliavano a un complesso labirinto di corridoi. Alla base del disegno, una serie di linee si prolungava quasi sino a fondo pagina.
Accanto, un'unica frase in latino:
ALUMNE SEMPER AMA UNICUM DEUM TUUM
«Siamo di nuovo nelle tue mani, mamma», disse Jo.
«Sì. È una frase abbastanza strana. Alla lettera, si può tradurre con Alunno, ama sempre... unicamente, credo... il tuo Dio. Una traduzione piuttosto goffa. Penso sarebbe meglio Adepto... Sì, adepto è senz'altro più adatto... Adepto, ama sempre il tuo unico Dio.»
«Adepto, ama sempre il tuo unico Dio? Una specie di formula di congedo? Un'ultima frase per chiudere il documento?» ipotizzò Philip.
«Può darsi. O magari una dichiarazione generica per l'alchimista, tipo Dio ti benedica o I miei migliori auguri.» Laura scrollò le spalle. «Non mi sembra di grande aiuto. Mettiamoci al lavoro sulla prima parte di testo utilizzando la chiave.»
«4 6 6 5», ricordò Jo. «Quindi, quarta lettera, decima, sedicesima, ventunesima.» Lavorarono minuziosamente sul testo. Philip scrisse ogni lettera su un foglio bianco. Nel giro di pochi minuti avevano estratto nove righe.
«Ancora latino», notò Laura. «Posso tradurre le prime parole, però non ci sono soluzioni di continuità tra le righe.» Venti minuti più tardi, dandosi da fare tutti e tre, avevano suddiviso la sequenza di lettere in un paragrafo di frasi latine che Laura tradusse e trascrisse su un altro foglio.
Tu sei Mercurio il possente fiore, Tu sei estremamente degno d'onore; Tu sei la Fonte di Sole, Luna e Marte, Tu sei Signore di Saturno e Fonte di Venere, Tu sei Imperatore, Principe e il più regale dei Re, Tu sei Padre dello Specchio e Creatore di Luce.
Tu sei primo e più alto e più gradevole alla Vista.
Tutti ti lodano.
Tutti lodano te. Donatore di verità.
Ti cerchiamo, ti imploriamo, ti diamo il benvenuto.
«Stupidaggini», sbuffò Philip.
«Forse, però è chiaramente una formula magica. Posso solo presumere che l'Ordine della Sfinge Nera usi proprio questa per evocare il demonio», ribatté Laura. «Ed è ciò che occorre all'Ordine attuale per eseguire il rito.»
«Ed è ciò che Charlie ha dato loro in forma alterata», puntualizzò Philip.
«Perché si è preso il disturbo di modificare quelle frasi, se sono solo assurdità?» chiese Jo.
«Perché era un credente. Non ho mai capito come una persona della sua intelligenza si sia lasciata prendere da queste sciocchezze, ma tant'è. Per Charlie, questa formula era davvero un mezzo per evocare il diavolo, e lo è anche per i membri dell'Ordine. Newton ci credeva. Lui però è vissuto in un'epoca completamente diversa, un'era in cui magia e stregoneria erano accettate come noi oggi accettiamo i principi scientifici.»
«Possono anche credere nel mostro di Loch Ness, per quel che m'importa», aggiunse Philip. «Il punto è che dobbiamo fare il possibile per impedire loro di commettere altri omicidi. E abbiamo solo poco più di dodici ore prima del prossimo.» Laura spostò l'attenzione sul disegno. «Questo dovrebbe essere il labirinto.»
«Che si può raggiungere da... Cosa ha detto Charlie?» domandò Jo.
«Dal torrente Trill Mill.»
«E che diavolo sarebbe?» Laura guardò Philip. Scoppiarono a ridere tutti e due. «È qui soltanto da pochi mesi, povero tesoro», la canzonò Philip.
Jo sgranò gli occhi al cielo. «Grandi saggi, svelatemi la vostra antica sapienza, vi prego.»
«È molto famoso, Jo. Un torrentello che scorre sotto la città partendo da Christ Church Meadow. È lungo un paio di chilometri. Da giovane, Lawrence d'Arabia lo percorreva in barca.»