Equinox (26 page)

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Authors: Michael White

Tags: #Fiction, #Thrillers, #Suspense

BOOK: Equinox
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Gail annuì.

«Ho un posto libero sul 17.09, se vuoi. Una vecchia si è sentita male. Ha deciso di bere una tazza di tè e di prendere la corsa dopo. Ti va?»

«Grazie», disse lei. «Splendido.» L'Accolito era sulla Toyota nera, di fronte alla casa in cui viveva Raymond Delaware. Quel pomeriggio aveva deciso in via definitiva di usare Gail Honeywell. Non possedeva il profilo medico ideale, però le altre due scelte erano più problematiche. Ann Clayton era in Francia per le vacanze pasquali, e alle 19.14, l'ora esatta della procedura, Sally Ringwald si sarebbe trovata in una sala con altre seicento persone per una cerimonia di premiazione organizzata dalla facoltà di teologia dell'università.

Gail Honeywell, studentessa d'archeologia, era stata in Grecia nelle ultime sei settimane, su un sito di scavo. Un'ora prima, l'Accolito aveva avuto conferma del suo rientro in Inghilterra quel pomeriggio. Il responsabile dell'amministrazione della facoltà di archeologia aveva controllato che l'intera squadra stesse rientrando quel giorno. L'Accolito aveva letto gli orari sul database del traghetto della Manica, penetrato senza problemi. Poi, grazie alla microspia installata due settimane prima, aveva ascoltato la telefonata di Gail Honeywell a Ray Delaware da un apparecchio pubblico di Londra. Sarebbe scesa dal pullman all'incrocio tra Headington Road e Marston Road, a St Clements, attorno alle 18.40.

L'Accolito sapeva di avere tutto il tempo che voleva. I pullman erano affidabili, e lui sarebbe stato pronto.

Alle 18.09, Raymond Delaware lasciò la casa di South Parks Road, ben prima di quanto si aspettasse l'Accolito. Da lì alla fermata del pullman non c'erano più di tre chilometri. Il tragitto lo avrebbe portato ad attraversare University Parks, poi un tranquillo viale alberato, Mesopotamia Walk, che correva attorno a un piccolo affluente del Cherwell. La coppia amava passeggiare lì, e l'Accolito lo sapeva bene. L'aveva seguita in più di un'occasione.

Vide Raymond Delaware avviarsi in direzione est lungo la strada e imprecò. Il ragazzo voleva arrivare in anticipo alla fermata dei pullman.

Gli manca la ragazza, è chiaro, pensò disgustato l'Accolito. Staccò l'auto dal marciapiede e si mise a percorrere a velocità pericolosamente alta South Parks Road. In fondo, svoltò a destra in St Cross Road e poi in Manor Road, una strada senza uscita che, attraverso una cancellata in ferro, portava a un prato a ovest di Mesopotamia Walk.

Aveva meno di dieci minuti per prepararsi. Balzando giù dall'auto, ebbe la presenza di spirito di assicurarsi di non impigliare la tasca della giacca Ermenegildo Zegna nella maniglia della portiera. Poi si spostò al bagagliaio, estrasse una grossa borsa a cerniera e un contenitore d'organi identico a quello che aveva usato per i reni di Samantha Thurow una settimana prima. A testa bassa, per evitare di essere identificato da qualche impiccione dei dintorni che stesse guardando fuori dalla finestra, si diresse al cancello.

Era in straordinaria forma fisica. Per quanto il contenitore d'organi pesasse più di quindici chili e il campo fosse inzuppato d'acqua, procedette a passo veloce. Trovò rifugio in una macchia d'alberi. C'era molto silenzio, a parte i rumori distanti del traffico e il canto degli uccelli. Guardò l'orologio. Le 18.14. Un sole slavato era basso nel cielo nuvoloso. Avrebbe fatto buio nel giro di mezz'ora, ma lui non aveva tanto tempo. Era costretto a correre qualche rischio.

Depositò il contenitore sul terreno bagnato, aprì la cerniera della borsa.

Non gli occorse più di un minuto per ricoprirsi di plastica, indossare guanti e visiera. Guardò di nuovo l'orologio e aspettò. Rallentò il respiro e si calmò ricorrendo agli esercizi tantrici che praticava da anni.

Sul pullman, schiacciata contro un grassone in completo scuro, Gail si sentiva sempre più annoiata e irrequieta. Lesse senza troppa attenzione un romanzo. Guardò dal finestrino la grigia periferia di Londra prima che il pullman imboccasse l'autostrada, poi scrutò i campi verdi sotto un cielo cupo, solcato da grandi nubi nere.

Dieci minuti dopo l'ingresso in autostrada l'uomo al suo fianco si appisolò. Aveva un giornale sulle ginocchia. Gail lo sollevò delicatamente e si mise a leggere. La notizia del giorno era la minaccia di uno sciopero dei ferrovieri. A contenderle il primato, un altro scandalo in gestazione all'interno della famiglia reale e le indiscrezioni sessuali di un parlamentare del partito laburista messo in disparte. Al sito degli scavi non avevano letto quasi nessun giornale e non c'era un televisore. Le trasmissioni radiofoniche erano solo in greco. Nessuno degli altri studenti o professori ci teneva a sapere cosa accadesse fuori del loro piccolo paradiso nella polvere di Atene.

A pagina quattro trovò un breve accenno agli omicidi di cui le aveva parlato Ray al telefono, ma le disse poco. Rimise il giornale sulle gambe dell'uomo e tornò a guardare dal finestrino. Per un momento sentì la mancanza del sole della Grecia e del lavoro che amava. Poi pensò a Ray, il dolce, tenero Ray. Se mai era esistito un uomo da sposare, quello era lui.

Non stava nella pelle all'idea di rivederlo.

Raymond Delaware attraversò il ponte sul Cherwell nei pressi di Parson's Pleasure, una zona recintata del fiume, chiusa al pubblico, che da più di un secolo era un santuario nudista a esclusivo uso e consumo dei notabili locali. Era tranquillissima in quel fosco pomeriggio di venerdì. Le nuvole erano cariche di pioggia e quasi tutti gli studenti ancora a Oxford stavano guardando soap-opera in televisione o stavano al pub, oppure mangiavano qualcosa all'High o lungo Cornmarket Street.

Gail gli era mancata più di quanto avrebbe mai potuto credere. Le sei settimane di lontananza gli erano parse un'era geologica. Adesso capiva che lei era una persona speciale, più importante di tutte le ragazze che aveva avuto i primi due anni all'università. Non amava pensare troppo in avanti nel futuro o diventare troppo serio, ma nemmeno riusciva a negare le proprie emozioni.

Pochi istanti, e aveva raggiunto l'ampio sentiero alberato tra il fiume su un lato e i campi fradici d'acqua sull'altro. Lui e Gail avevano passeggiato lì in moltissime occasioni. Adoravano quel posto soprattutto nel cuore dell'inverno, a gennaio, quando si gelava e dovevano rannicchiarsi per ripararsi da vento e nevischio. L'inverno prima Oxford aveva visto la nevicata più pesante a memoria d'uomo. Parti del Cherwell si erano gelate.

Il sentiero aveva assunto l'aspetto di un paesaggio fantastico; e anche ora, con gli alberi che grondavano umidità e l'imminenza di un acquazzone nell'aria, possedeva un fascino indefinibile.

Ci fu un rumore alle sue spalle, come lo spezzarsi di un ramo. Ray si voltò e avvertì un bruciore improvviso al collo. Stupefatto, strinse le mani sulla gola. Il sangue corse a fiotti tra le sue dita. Forse per un secondo restò a fissare il liquido rosso. Poi qualcuno gli strattonò la testa all'indietro. I rami degli alberi rotearono davanti ai suoi occhi. Cominciò a sentirsi soffocare. Il sangue gli colò in viso, dentro il naso e sugli occhi, accecandolo. Perse l'equilibrio. Per un istante gli parve di fluttuare nell'aria, un istante fatto di un insieme di panico e confusione. Poi atterrò pesantemente a terra, batté la testa su un sasso. Cercò di girarsi, tirarsi in piedi, ma una mano gli premeva sul viso. Venne trafitto da un'altra pugnalata di quello che sembrava un coltello di metallo incandescente. Il suo corpo fu percorso da nuovi tremiti. Urla mute gli esplosero nella testa.

Riuscì ad alzare una mano e passarla sugli occhi. Intravide una figura china su di lui: il viso era una maschera priva di fisionomia. Prese a tremare in modo incontrollabile. La figura oscura si raddrizzò, lo scrutò.

Poi tutto diventò nero.

Gail vide il pullman ripartire. Guardò l'orologio: le 18.21. Era in anticipo di venti minuti. Aveva le gambe intorpidite. Era un piacere inspirare aria fresca. Troppo eccitata per aspettare l'arrivo di Ray alla stazione, decise di avviarsi lungo il viale che portava a Mesopotamia Walk. Probabilmente, anche Ray sarebbe arrivato in anticipo. Lo avrebbe incontrato sul percorso.

Molto romantico. Forse avrebbero vissuto un vero momento in stile Hollywood con un bacio sotto gli alberi. Sorrise nel caricarsi lo zaino sulla schiena. Da Marston Road svoltò a sinistra sul viale, un breve tratto che l'avrebbe portata ad attraversare il primo dei due ponti su piccoli affluenti del Cherwell. Superato il vecchio mulino a destra, presto sarebbe stata sull'ampio sentiero in riva al fiume, e con ogni probabilità avrebbe visto Ray venirle incontro.

Cominciò a piovere. Gail accelerò il passo. Attraversato il secondo ponte, corse al riparo degli alberi, poi guizzò verso il mulino. La grande ruota in legno, una reliquia della rivoluzione industriale che ora faceva parte del patrimonio storico inglese, era immobile. L'acqua colava tra le pale ferme. La pioggia cadeva ormai a scrosci, inzaccherava il sentiero e gli alberi, tentava di affogare il suono dell'acqua che correva nella chiusa e nel canaletto a lato del mulino. Sistemò lo zaino un po' più in alto sulla schiena, per alleviare il dolore alle spalle. Superò una curva a gomito del sentiero, a testa bassa nel diluvio.

Qualcosa la spinse ad alzare lo sguardo. Dieci metri più avanti c'era uno spettacolo surreale. Quello che sembrava un sacco sporco di rosso era coricato sul terreno. Sopra l'oggetto, un uomo in un completo di plastica trasparente. Una visiera in perspex gli oscurava il viso e un cappuccio gli copriva la testa. Stringeva in una mano qualcosa di metallico che luccicava nella fioca luce.

Gail restò paralizzata. Bruscamente, si rese conto che il sacco sul terreno era Raymond, il suo corpo privo di vita, bagnato dal sangue. L'uomo ricoperto di plastica l'aveva vista.

Gail si strappò lo zaino dalle spalle, lo lasciò cadere a terra. Ruotò sui tacchi, spinta da una paura primordiale, dall'orrore che le era salito alla gola. Corse con tutta la velocità che aveva verso il sentiero a lato del mulino. Per poco, quasi riuscì a mettersi in salvo. Ma le reazioni dell'Accolito furono più rapide. Nel tempo che Gail aveva impiegato a capire cosa accadesse e a liberarsi dallo zaino, lui aveva superato buona parte dei dieci metri che li separavano.

Gail arrivò al ponte. Inspirando grandi boccate d'aria, corse come mai aveva fatto in vita sua. L'adrenalina le si riversava nelle vene. Saltò sul ponte, si afferrò alla ringhiera per non perdere l'equilibrio. Ma le assicelle in legno erano fradice d'acqua. A metà del ponte mise il piede destro su un grumo di fango e scivolò. Quasi riuscì a rimettersi in posizione eretta ma, quando ormai pensava di poter raggiungere l'erba sul lato opposto, le cedettero le gambe. Crollò sulla schiena, sentì un brivido di dolore attraversarla quando entrò in collisione con la ringhiera.

L'Accolito le fu addosso nel giro di pochi secondi. Le afferrò i polsi. Lei scalciò, si dibatté. Riuscì a mordergli il braccio; i suoi denti incontrarono solo una plastica resistente. Lui la inchiodò alle assi del ponte con un ginocchio. Lei tentò di urlare, ma non sapeva dove trovare il fiato. Dalla bocca del suo stomaco emerse un grugnito animale, primitivo. L'Accolito frugò nella tasca di plastica, estrasse un rotolo di spesso nastro adesivo.

Con dita abili, passò il nastro attorno ai polsi della ragazza e con una striscia le sigillò la bocca. Tenendole il ginocchio premuto sul petto, le avvolse altro nastro attorno alle caviglie.

Dopo di che si rialzò.

Scrutò Gail Honeywell con un sorriso soddisfatto.

A distanza ravvicinata, lei riuscì quasi a vederlo dietro la visiera.

L'Accolito guardò l'orologio.

Le 18.31.

Doveva attendere quarantatré minuti prima di iniziare la procedura, il che significava che la ragazza poteva vivere ancora un po'.

Sentì un brivido d'eccitazione corrergli su per la spina dorsale. «Abbiamo tempo per divertirci», mormorò.

 

37

 

Oxford, 30 marzo, 21.15

 

Laura e Philip vedevano minuscole scie di un cielo rosso scuro dietro le case a schiera di Botley. Stavano viaggiando in Oxpens Road. Philip rifletteva su ciò che li attendeva con un crescente senso di timore; Laura non riusciva a dimenticare che da qualche parte, non lontano da loro, un'altra ragazza era morta e le era stata asportata la cistifellea.

Lasciata la strada, Philip svoltò in un parcheggio gratuito nei pressi di Littlegate, a sudest del centro città. Distava una ventina di metri dal punto d'accesso meno vistoso al Trill Mill, al limitare di un praticello a lato di un moderno palazzo d'uffici. Da lì, il torrente correva in direzione est per quasi un paio di chilometri, circa nove metri al di sotto di Oxford, per poi riemergere in superficie nell'area del Christ Church College, accanto a un sentiero delimitato da muri, il Deadman's Walk.

Sceso dall'auto, prese dal bagagliaio una grossa borsa di tela e la passò a Laura. Tirò fuori uno zaino, se lo mise in spalla, poi chiuse il bagagliaio.

La quiete era totale, non si vedeva anima viva. Percorsero la strada e da un cancello entrarono nel giardino. Una fila di cespugli schermava l'accesso al torrente.

Un tempo, parte del Trill Mill era una fogna a cielo aperto, assai poco igienica. Alla metà del diciannovesimo secolo quel tratto di torrente era stato ricoperto e l'area era stata edificata. Il Trill Mill aveva continuato ad attrarre gli intrepidi cittadini fino agli anni Sessanta, quando il consiglio comunale lo aveva chiuso al pubblico bloccando entrambi gli accessi con robuste grate metalliche.

Nella grata c'era uno sportello, usato per accedere al torrente in caso di ispezioni e lavori di manutenzione. Attorno alle sbarre, una pesante catena con lucchetto. Il tunnel era largo circa tre metri e alto forse uno e mezzo.

Le pareti erano fangose e umide. L'acqua non era più profonda di quarantacinque centimetri. Entrando dall'apertura, s'infilava in un grosso condotto metallico che correva verso il sottosuolo ad angolo acuto, scomparendo sotto l'erba.

Laura depositò la borsa di tela e Philip mise lo zaino a terra.

Laura fece una smorfia.

«L'idea di scendere lì sotto non attira molto nemmeno me», confessò Philip. «Ma non abbiamo scelta.» Aprì lo zaino.

Laura si accoccolò al suo fianco.

«Due torce elettriche con confezioni di batterie di scorta. Fiammiferi.

Cellulari con batterie di scorta, anche se dubito che ci sarà campo dopo che avremo superato l'ingresso dei Guardiani. Un rotolo di corda, un coltello dell'esercito svizzero, acqua, biscotti, due maglioni di ricambio.»

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